Convivere con uno spacciatore di droga non vuol dire essere un complice. La cassazione ha accolto il ricorso di una ragazza che e’ stata condannata, insieme con il suo compagno, perche’ nella loro abitazione di Ravenna sono state trovate circa 9000 pasticche di ecstasy. La giovane Alessandra C., ventinovenne, era stata condannata dalla Corte d’appello di Bologna per “detenzione di stupefacenti a fini di spaccio”: la stessa accusa contestata al suo compagno, Stefano G. La difesa, durante i giudizi di merito, non era riuscita neppure ad ottenere la trasformazione del reato da concorso nello spaccio a favoreggiamento. I giudici della sesta sezione penale della cassazione, invece, hanno annullato con rinvio la sentenza di secondo grado spiegando che “il solo comportamento omissivo, di mancata opposizione alla detenzione in casa di droga da parte di altri”, non puo’ costituire una prova decisiva della partecipazione all’attivita’ di vendita degli stupefacenti. Soprattutto, sottolinea la Suprema Corte con la sentenza 39989, “se si tratta di una persona legata da vincoli affettivi o strette relazioni personali”. La cassazione ha ordinato ai giudici di appello di Bologna di riesaminare il caso, tenendo presente che la ragazza non puo’ essere condannata per il solo fatto “di non aver impedito” al suo uomo di custodire l’ecstasy. La Corte d’appello, infatti, aveva sottolineato che per Alessandra C., non essendo sposata con Stefano G., non esisteva alcun obbligo di “tollerare il comportamento dell’uomo”. Ma i magistrati del Palazzaccio hanno osservato che dal punto di vista della responsabilita’ penale non c’e’ differenza tra la convivenza “more uxorio” e la vita matrimoniale. E’ necessario invece – e da qui la necessita’ di rifare il processo d’appello – accertare se il comportamento della ragazza sia stato, come sostenuto dalla difesa e come appare anche dalle motivazioni della stessa sentenza di condanna, quello di una semplice “spettatrice”. Infatti, conclude la cassazione, non ha importanza che la donna non abbia “preteso l’allontanamento della droga” dall’abitazione dal momento che “non esiste nei confronti dalla ragazza alcun obbligo giuridico di impedire l’evento”.