Tra i narcos era considerato il ‘Pablo Escobar italiano’: importava in Europa fino a 2 tonnellate di cocaina al mese, era il numero uno dei narcotrafficanti d’Europa e per il governo colombiano era l’uomo più ricercato del paese.
Roberto Pannunzi, 65 anni, romano, è stato catturato ieri in Colombia, in un centro commerciale a nord di Bogotà, dalle ‘teste di cuoio’ del gruppo Gaula della polizia nazionale colombiana.
L’arresto è stato confermato via twitter dal Ministero della Difesa colombiano: “Congratulazioni per la cattura di Pannunzi, capo dell’organizzazione criminale della ‘ndrangheta”.
Sulle sue tracce, da alcuni giorni, c’erano gli uomini della Direzione antisequestro e antiestorsione della polizia colombiana e i federali della Dea, la statunitense Drug Enforcement Administration. Ma anche gli italiani, con la Direzione centrale per i Servizi antidroga, il Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro e il Ros dei Carabinieri che da circa due anni hanno condotto le indagini coordinate dal procuratore aggiunto della Procura-Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria Nicola Gratteri.
Sulla testa di Pannunzi pendevano 4 ordinanze di cattura per traffico di droga e associazione di stampo mafioso ed era classificato dall’Interpol con una ‘allerta rosso’. In Italia è stato colpito da un ordine di esecuzione di pene concorrenti (condanna della Corte d’Appello di Reggio Calabria, aumentata dalla condanna della Corte d’Appello di Firenze) per violazione alla legge sugli stupefacenti: deve scontare 12 anni, 5 mesi e 26 giorni di reclusione.
Ricercato dal 2010 quando era evaso da una clinica romana dove era ricoverato, Roberto Pannunzi era il protagonista indiscusso del narcotraffico internazionale. Era il massimo referente dei cartelli sudamericani per la vendita di ingenti quantitativi di cocaina e eroina destinata alle famiglie di ‘ndrangheta dei Morabito, Coluccio-Aquino, Romeo, Bruzzaniti, Sergi, Trimboli e Papalia, nonché alle più importanti famiglie di Cosa Nostra.
Grazie ai sui contatti negli Stati Uniti d’America, dove ha vissuto per oltre dieci anni, Pannunzi negli anni ’80 ha curato il narcotraffico anche in direzione delle famiglie di Cosa Nostra americana, introducendo in quel Paese ingenti quantitativi di eroina per conto dei boss Stefano Bontade e Salvatore Inzerillo.
Insieme al figlio Alessandro, attualmente detenuto, Roberto Pannunzi ha ‘lavorato’ anche con la mafia turca ed il clan dei marsigliesi e ha avuto contatti con Gaetano Badalamenti e Gerlando Alberti.
Al momento della cattura è stato trovato in possesso di un documento falso documento venezuelano a nome Silvano Martino ed era in compagnia di due colombiani, la cui posizione è al vaglio degli inquirenti. Pannunzi e’ arrivato ieri sera in Italia, con un volo da Bogotà a Roma-Fiumicino.
”Pannunzi e’ la borghesia del narcotraffico” Lo ha detto Roberto Saviano al Festival Collisioni, commentando l’arresto del boss calabrese Roberto Pannunzi, ritenuto responsabile dell’invio in Europa di due tonnellate di cocaina al mese. ”Non ha mai ucciso nessuno, e’ un broker del narcotraffico” ha osservato Saviano che risponde alle domande dei ragazzi nella piazza affollata di Barolo.
”Bebe’ Pannunzi – ha detto Saviano – e’ un personaggio incredibile. Non e’ un mafioso ne’ un killer, e’ molto di piu’ di un trafficante di droga. E’ una persona che raccoglie i capitali da imprenditori, dalle mafie e li rinveste nell’acquisto di coca. E’ uno che ha saputo intuire le nuove dinamiche del mercato della cocaina, e’ riuscito a unire la capacita’ di gestione economica con l’abilita’ a destreggiarsi tra le famiglie mafiose e colombiane”. ”Lui non conta i soldi li pesa perche’ i soldi li conta chi non ce li ha e lui ne ha davvero tanti”, ha aggiunto Saviano che nel suo ultimo libro ‘Zero, zero, zero’ ha dedicato molte pagine al boss calabrese. Lo scrittore, che per un’ora e mezza ha risposto alle domande di ragazzi di tutta Italia ospitati dal Festival nell’ambito del Progetto Giovani, ha anche denunciato ”il silenzio della politica”: ”la legalita’ – ha detto – dovrebbe prescindere dalle divisioni politiche. Invece chiunque racconti queste cose e’ visto con sospetto, genera fastidio anche nelle persone perbene”.