L’Italia potrebbe avere interesse a reintrodurre la coltivazione della canapa. E’ quanto emerso dal convegno ‘Green economy: una nuova strategia per la canapa’, che si è svolto a Roma, per avvicinare associazioni, mondo agricolo e settori industriali sullo sviluppo di “una coltivazione estremamente promettente” come ha sottolineato il sen Francesco Ferrante, responsabile del Pd per le politiche relative ai cambiamenti climatici, che ha presentato il disegno di legge-delega,per la promozione della filiera agroindustriale della canapa sativa insieme a Arturo Malagoli e Marilena Zaccarini, rispettivamente Presidente e Segretario di Canapaitalia.
Ampiamente diffusa in Italia nel secolo scorso, la canapa sativa ha subito un primo colpo di freno alla produzione a causa della concorrenza delle materie plastiche. Usata per fare carta, stoffe, olio, farina, cosmetici e medicinali, la coltivazione della canapa sativa è stata, poi, proibita dalla legge Cossiga nel 1977 perché accomunata alla “cannabis indica” che, invece, ha caratteristiche molto differenti ed è uno stupefacente.
Così, per vent’anni, i principali paesi produttori sono stati la Cina e i Paesi dell’Est. Ma nel dicembre 1997 una circolare del Ministero dell’Agricoltura ha autorizzato una deroga per la coltivazione sperimentale su mille ettari (successivamente ampliata). Ora la coltivazione della canapa potrebbe essere rilanciata se verrà approvata la legge proposta dal senatore Ferrante secondo il quale è giunto il momento di adeguarsi a una scelta che l’Unione europea ha fatto nel 1972 inserendo nella Politica Agricola Comune gli aiuti alla canapa sativa.
In Francia oltre novemila ettari di questa pianta alimentano i settori della bioedilizia e della carta. Si coltiva anche in Germania, Finlandia, Romania, Olanda, Gran Bretagna e in Canada nel giro di otto anni si è passati da 2.400 a 21 mila ettari. Nei prossimi anni, con il ciclo idrico sempre più sbilanciato dal caos climatico, diventeranno sempre più utili le virtù ambientali della canapa che può essere utilizzata in moltissimi settori.
Oggi la novità consiste proprio nella grande differenziazione degli usi proposti in quanto da una parte c’è una tradizione antichissima che non si è mai interrotta: per secoli le stoffe fatte in canapa sono state usate e riusate finché non diventavano stracci e a quel punto gli stracci venivano riciclati trasformandoli nella carta di cui sono fatte tante cinquecentine e tanti volumi antichi. Dall’altra parte, ci sono usi che riprendono abitudini che si erano perse: ad esempio i prodotti di cosmesi che aiutano a prevenire la disidratazione della pelle e proteggono da un eccesso di raggi solari. In questa partita, che può produrre occupazione e fatturati importanti rivitalizzando un intero settore agricolo, l’Italia può tornare ad assumere un ruolo di leadership mondiale.
La farina di canapa è usata anche per produrre alimenti senza glutine: biscotti, torte e pizze nonché integratori alimentari con un concentrato di olio ricco di acidi grassi omega 3 e omega 6 particolarmente utile per la riduzione del colesterolo e per la prevenzione di problemi cardiaci.
Sulle proprietà positive degli alimenti derivati dalla canapa esiste ormai un largo consenso scientifico. L’elenco dei benefici è lungo: va dalla riduzione dei trigliceridi alla prevenzione dell’acne giovanile, dalla qualità delle proteine contenute nei semi, simile a quella della soia e dunque molto utile per i vegetariani, alla protezione contro gli eritemi solari.
La canapa sativa presenta anche vantaggi di natura ambientale: c’è più che mai bisogno di una pianta che cresce con poca acqua, aiuta il terreno a recuperare fertilità e contiene sostanze con potenzialità terapeutiche come ha evidenziato il Cra (Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura), di Rovigo che da molti anni studia le proprietà della canapa ed è pronto a scommettere sulla sua rinascita.
Per quanto concerne la lavorazione della canapa sativa, una volta raccolto, il prodotto subisce un primo processo ovvero la divisione della fibra dal legno. Ne scaturisce una fibra grezza che viene successivamente «pettinata» da una speciale attrezzatura detta pettinatrice per poi essere imballata e trasportata al filatore che provvederà a fare il filo. In quanto a fibra tessile, la canapa non ha paragoni con il cotone.
Si può coltivare la canapa anche per i semi che contengono proteine di elevato valore biologico e olio in alta percentuale. Una volta estratta la fibra tessile e dopo aver raccolto i semi rimangono la stoppa più la parte legnosa o canapolo. La stoppa serve a produrre carta di alta qualità sottile. In sostanza, ambiente, qualità e innovazione sono sfide raccolte dall’agricoltura in Italia già da diverso tempo, e in questo contesto insieme alle fonti rinnovabili per la produzione di energia acquistano sempre maggior interesse le fibre vegetali rinnovabili.
Pertanto, la reintroduzione in Italia della coltivazione estensiva della canapa sativa significa promuovere una pianta che cresce senza diserbanti né concimi chimici, e può essere trasformata in un’infinità di prodotti: carta, tessuti, materiali per la bio-edilizia o per l’industria automobilistica, cosmetici, integratori alimentari, combustibile, prodotti terapeutici e altri ancora.
Per avere una vera e propria filiera industriale nazionale occorre favorire la ricerca e la tecnologia, così da sviluppare nuovi progetti che legano l’agricoltura alle attività industriali. L’auspicio è che il disegno di legge delega sia adottato al più presto in quanto lo sviluppo del settore è possibile solo se si andrà nella direzione di consolidare una filiera che sappia muoversi come rete di organizzazioni specializzate orientate al presidio strategico dei mercati specifici.