Alla vigilia della Conferenza di Vienna sull’Aids, il BC Centre for Excellence in Hiv/Aids e l’International Centre for Science in Drug Policy hanno unito le loro voci per chiedere la legalizzazione e regolamentazione degli stupefacenti. Fra i principali redattori della Dichiarazione di Vienna in vista della Conferenza il prossimo mese, le due organizzazioni hanno ribadito che criminalizzare il consumo di droghe aumenta la violenza e la diffusione di malattie come l’Hiv/Aids.
Il professor Evan Wood, uno degli autori della Dichiarazione di Vienna e fondatore dell’International Centre for Science in Drug Policy, spiega che il manifesto già sottoscritto da centinaia di scienziati invita i leader politici ad abbandonare l’ideologia e a considerare il consumo di droga come problema sanitario e non giudiziario. “(Il documento) ribadisce con forza non solo che l’approccio giudiziario e repressivo ha fallito nel raggiungere i suoi stessi obiettivi in termini di riduzione dell’offerta… ma ha provocato anche una sequela di conseguenze inaspettate”, ha detto Wood. “Se si guarda ai Paesi che maggiormente fanno uso del sistema giudiziario per affrontare la questione delle droghe, si vedrà anche un maggiore tasso di Hiv/Aids fra i consumatori di droghe”.
Wood spiega come l’aumento del tasso di Hiv fra i consumatori che si iniettano sostanze stupefacenti spinge letteralmente questi soggetti nella clandestinità, dove sono sempre meno raggiungibili dai servizi sanitari e sociali.
Anche se Wood e i suoi colleghi non amano la parola “legalizzazione”, chiedono la regolamentazione del mercato e la depenalizzazione del consumo. “Non credo che il cittadino medio sia consapevole del fatto che per i giovani è più facile trovare marijuana che alcool”, spiega lo studioso. E cita l’esempio del Portogallo che, dopo la depenalizzazione del consumo di droghe nel 2001, ha oggi il più basso tasso di consumo di cannabis.
“Forse tutta questa enfasi sullo strumento repressivo-giudiziario finisce per rendere ancora più attraenti queste sostanze… ma se invece affrontiamo la questione per quello che è, una questione sanitaria come per alcool e tabacco, forse possiamo riuscire ad avere un impatto”.