Da molti anni in Piemonte il sistema sanitario di gestione e presa in carico dei problemi di salute derivanti dal consumo di sostanze psicoattive legali ed illegali e da altri comportamenti additivi senza sostanza aveva trovato un proprio delicato equilibrio organizzativo, nonostante la progressiva restrizione delle risorse umane e finanziarie imposta dai subentranti tagli e piani di rientro somministrati dai diktat dei diversi governi nazionali via via succedutisi.
L’equilibrio poggiava su alcuni elementi essenziali:
– la piena autonomia tematica (e organizzativa) rispetto alle mire annessionistiche della psichiatria (autonomia ancora confermata dai provvedimenti regionali di fine giugno 2015);
– una compiuta e matura integrazione non competitiva tra pubblico e privato sociale accreditato;
– una pari dignità rispetto alle altre strutture territoriali e ospedaliere
– la preservazione della multidisciplinarietà e della pari dignità delle discipline coinvolte
– l’estensione dell’area di attività da quella tradizionale nel settore dell’uso problematico di sostanze illegali e alcol a tutta a gamma dei consumi additivi problematici
– il consolidamento degli interventi storici di riduzione del danno, in particolare nella Provincia di Torino
– una discreta articolazione organizzativa interna con l’attribuzione di responsabilità intermedie a dirigenti ed operatori del Comparto.
Dal punto di vista strutturale ciò era declinato dalla presenza di un Dipartimento misto pubblico-privato sociale in ogni ASL, integrato per le funzioni di pianificazione territoriale anche dagli Enti Locali, da rappresentanti dell’associazionismo e dell’utenza; all’interno del Dipartimento nelle 4 AASSLL più grandi del Piemonte (in Provincia di Torino), le 2 torinesi, l’ASL TO3 di Collegno e Pinerolo e la TO4 del Canavese, 2 o 3 Strutture Complesse Ser.T., ciascuna con la propria fetta di territorio e di utenza e con la propria articolazione interna.
Ciascuna delle 10 Strutture Complesse SerT di queste 4 ASL aveva non meno di 30 operatori (le maggiori fino a quasi 100).
In totale in Piemonte erano 19 le Strutture Complesse Ser.T.: 3 ciascuna nelle ASL TO3 e TO4 (le più popolose con oltre 500.000 abitanti), 2 ciascuna nelle ASL TO1 e TO2 e 1 ciascuna nelle altre 9 ASL.
La Delibera di Giunta Regionale di inizio ottobre 2015 di fatto cassa 6 Strutture Complesse e riduce ad 1 le SC presenti in ciascuna ASL; sia in quelle con quasi 600.000 abitanti, sia quelle con poco più di 150.000 abitanti (Biella, Vercelli, Alba, Verbania).
Diversi dei Dipartimenti perderanno di significato contenendo di fatto una sola SC; ciò accadrà nei 2 Dipartimenti torinesi, nelle ASL TO3, 4 e 5, CN1 e CN2. In altre realtà vi saranno Dipartimenti interaziendali (AT + AL; Novara, Biella, Vercelli e VCO).
Conseguenze
Le conseguenze principali nelle realtà interessate (la Città di Torino e gran parte della sua Provincia) saranno principalmente percepibili come uno scollamento del centro decisionale dalle specifiche esigenze di ciascun territorio (le ASL TO3 e TO4 hanno un territorio molto vasto con ambulatori distanti tra di loro fino a 100 kilometri…), un appiattimento dell’offerta trattamentale, la burocratizzazione, la rarefazione delle interlocuzioni con le altre istanze territoriali (Distretti, Enti Locali…), l’impoverimento dell’articolazione progettuale.
Inoltre la rottura di importanti e storicamente sedimentati elementi identitari dei Servizi con l’insorgere di preoccupanti fenomeni di demotivazione e disinvestimento negli operatori , cosa quest’ultima la più preoccupante per servizi la cui tecnologia è pressoché interamente relazionale.
In ultima analisi è prevedibile uno scadimento della qualità dei servizi e un peggioramento delle condizioni di salute dell’utenza in trattamento.
Se di tagli si doveva trattare avrebbe avuto ben più senso ampliare la dimensione dei bacini dipartimentali, costringendo maggiormente ASL confinanti ad attivare policies di più ampio respiro, perseguendo maggiore uniformità ed equità nel soddisfacimento dei bisogni di territori tra di loro contigui.
Paolo Jarre, Presidente SITD – Società Italiana Tossicodipendenze – sez. Piemonte
Comunicato Stampa
Torino 27 ottobre 2015
I Servizi per le Dipendenze del Piemonte decapitati: le professionalità e la buona gestione considerata superflue e un costo da tagliare
“La dichiarazione dell’Assessore Saitta del 23 ottobre scorso, relativa al ridimensionamento delle Strutture pubbliche per l’assistenza alle persone con dipendenze patologiche – Ser.D. – in Piemonte, fanno apparire le proteste dei responsabili e degli operatori dei servizi pubblici e del privato sociale come una sorta di difesa corporativa di 1/3 dei primariati (6 su 19) che vengono tagliati.
Saitta afferma che il provvedimento di riduzione delle strutture è fatto “per riportarne i valori in linea con i parametri nazionali chiesti dal Governo“. Ciò non è vero; non c’è alcuna indicazione governativa che faccia prescrizioni quantitative e riduttive specifiche in questo settore, addirittura le previsioni del T.U. del 1990 aggiornato al 2014 sono ancora più largheggianti di quanto attualmente esistente.
Le Aziende Sanitarie avevano già mandato a settembre scorso i propri Atti con il ridimensionamento apportato a diversi settori e discipline che per il nostro settore riguardava già un taglio di 11 strutture (una complessa e 10 semplici). Tali pesanti tagli determinavano comunque una previsione quantitativa di strutture complesse più che sufficiente a rispettare i parametri nazionali per il piano di rientro.
Quella dell’Assessore è quindi una distorsione di chiara impronta demagogica contrapponendo, come un novello Robin Hood, il taglio delle posizioni di vertice alla salvaguardia del budget per l’assistenza agli utenti.
Si tratta di fatto di un taglio a freddo di altre 5 strutture, “a posteriori”, del tutto ininfluente e non necessario sul piano economico, che colpisce solo i Ser.D., già tartassati ben oltre al semplice ridimensionamento dei propri vertici: oltre alla soppressione di queste 5 strutture apicali e alle 11 strutture già tagliate (1 complessa e 10 intermedie), continua a non essere garantito il turnover del personale, cosa che ha comportato la diminuzione del personale di oltre il 20% in 4 anni. E’ infine sempre stata poco o nulla garantita la progressione di carriera ai quadri intermedi, che in una visione semplicistica dovrebbero subentrare ai vertici soppressi.
La decisione dell’Assessorato non tiene conto che malgrado questa scarsa o del tutto assente valorizzazione e sostegno dei servizi, i responsabili e gli operatori nel precedente assetto sono riusciti a realizzare risparmi considerevoli (circa 5 milioni di euro) mantenendo la buona qualità degli interventi. Tale atteggiamento costruttivo e professionale dei Ser.D. è stato rilevato nei documenti iniziali del ‘tavolo Massicci’ come modello positivo e virtuoso di intervento.
Pertanto è evidente che l’errore di mettere sullo stesso piano servizi composti da poche unità di personale con servizi che constano di centinaia di professionisti, parificandoli sul piano organizzativo e gestionale, è marchiano
E’ sconfortante che quest’operazione, che avrà gravi conseguenze sull’efficacia e sull’efficienza dell’assistenza ad una quota di popolazione già in grave difficoltà (le dipendenze patologiche sono malattie sociali), venga portata avanti, senza possibilità di revisione o emendamento, da un governo regionale che dichiara sensibilità e attenzione verso le persone più vulnerabili.
Giuseppe Faro, Presidente Federserd – Federazione Operatori Servizi Dipendenze – sez. Piemonte
Paolo Jarre, Presidente SITD – Società Italiana Tossicodipendenze – sez. Piemonte
Paola Damiano, Presidente SIA- Società Italiana Alcologia -sez. Piemonte
Augusto Consoli, Presidente Associazione Nazionale Comunità Pubbliche