Alcuni produttori kenyoti di khat, molto arrabbiati, hanno chiesto oggi la chiusura delle basi militari britanniche nel loro Paese, per protestare contro il recente divieto di questa pianta euforizzante nel Regno Unito. “Non li vogliamo piu’ perche’ non vogliamo vivere vicino ai nostri nemici (…) con delle persone che complottano contro i kenyoti”, ha dichiarato Kimathi Munjuri, portavoce dell’associazione dei commercianti di “miraa” (il nome kenyota del khat) della regione di Nyambene (nod-est). Il khat, fonte di milioni di dollari di guadagno con l’esportazione, e’ masticata da secoli in Africa orientale e nel vicino mondo arabo, essenzialmente nello Yemen. E’ importata nel Regno Unito principalmente per gli immigrati che provengono dall’Africa dell’est. Ma il ministro britannico dell’Interno, Theresa May, ha annunciato alcuni giorni fa il suo divieto. La pianta, legale in Kenya e in Africa dell’est, sara’ ormai considerata nel Paese come una droga di classe C, insieme alla ketamina e alle benzodiazepine, per la cui produzione e vendita sono previste pene carcerarie fino a 14 anni. Il Regno Unito, fino a questa decisione, era l’unico Paese dell’Unione europea ad autorizzare l’importazione di khat. In Kenya, un chilogrammo della pianta si vende a circa 8 Usd (6 euro), e questo fa si’ che nel mercato britannico gli importi divengano ogni anno 24 milioni di dollari (18 mln di euro). “Il divieto mette per terra l’economia della regione”, dice Florence Kajuju, eletta della circoscrizione di Tigania Est, una zona del nord-est kenyano dove si produce khat. Secondo l’eletta, migliaia di famiglie ne saranno coinvolte. Il khat e’ prodotto nelle regioni fertili dove sono coltivate anche le patate. Ma la pianta euforizzante e’ particolarmente privilegiata poiche’ da’ margini di guadagno notevoli. Le autorita’ kenyote non hanno ufficialmente reagito al divieto britannico.