Il paese più popoloso del mondo non fa mai notizia quando si parla di stupefacenti o di guerra alla droga: sarà perché i cinesi la stanno vincendo? Per ragioni storiche e culturali che risalgono all’Ottocento quando la Cina fu vittima di due guerre per il controllo del mercato (legale e illegale) dell’oppio, l’approccio cinese è poco tollerante nei confronti delle droghe illecite. In linea con il sistema pervasivo di misure di controllo tipico di uno stato totalitario digitale, la Cina ha sviluppato leggi antidroga prima molto severe – per il traffico di più di 50 grammi di eroina, metanfetamine o cocaina c’è persino la pena di morte, oggi non più sistematica come 20 anni fa anche se non si conoscono dati ufficiali – poi progressivamente volte al controllo dei comportamenti individuali.
Documenti ufficiali segnalano che nel 2022 “le autorità di controllo della droga hanno raggiunto traguardi significativi attuando pienamente la strategia di affrontare le cause profonde della domanda e dell’offerta di droga”. Secondo i dati della Commissione nazionale per il controllo dei narcotici, nel 2022 “35.000 casi legati alla droga sono stati risolti con successo portando all’arresto di 53.000 sospetti, e il sequestro di 21,9 tonnellate di sostanze stupefacenti diverse, mentre 197.000 sono state le persone identificate come tossicodipendenti”. Cifre importanti ma poco credibili visto che assomigliano più a quelle italiane che alle possibili dimensioni del fenomeno in un paese di 1.4 miliardi di persone.
La prevenzione della droga e la campagna “Care for Drug Users” lanciata neanche una decina di anni fa, avrebbero concorso a contenere le conseguenze negative dell’uso di droghe. Le persone registrate ufficialmente per consumo sono 1,124 milioni (in Italia dove non esiste altrettanta registrazione, si stima che circa 8 milioni usino abitualmente sostanze illecite, mentre le segnalazioni ai prefetti hanno superato ormai 1,4 milioni), circa lo 0,8‰ della popolazione, una diminuzione su base annua del 24,3%. Le politiche di disintossicazione coatta hanno fatto sì che 3,79 milioni di cinesi siano oggi “liberi dalla droga” da più di tre anni, un aumento dell’11,4% su base annua; a queste si sommano 71.000 nuovi consumatori di droga, un calo del 41,7% rispetto all’anno precedente. Anche per quanto riguarda le politiche di contrasto all’HIV/AIDS la filosofia resta quella dell’approccio “legge e ordine” con qualche raro programma di scambio di siringhe e metadone nelle grandi città.
Per il governo si registrano solo successi, eppure perfino le Nazioni Unite, dove la Cina è pressoché intoccabile, hanno lanciato preoccupati allarmi sulle politiche di “Sistema di Controllo Dinamico” per chi usa le sostanze illecite. Le persone vengono infatti inserite nel sistema indipendentemente dal fatto che siano tossicodipendenti o soggette a detenzione penale o amministrativa, a queste si aggiungono i fermati dalle forze dell’ordine ma non formalmente detenuti. Le informazioni personali dei registrati sono condivise all’interno dei database di pubblica sicurezza. Quando usano i documenti di identità, ad esempio per registrarsi in albergo, o si presentano in un ufficio governativo o una banca, attivano un telefono cellulare, fanno domanda per un’istruzione terziaria o viaggiano, scatta un allarme di polizia con spesso interrogatorio e test antidroga.
Al netto della veridicità delle dimensioni ufficiali del fenomeno, va ricordato che le mafie cinesi sono presenti in tutto il mondo ed è irragionevole pensare che vivano esclusivamente di corruzione, racket o riciclaggio di danaro. Si conferma che il sistema di controllo delle “droghe” è una giustificazione per il controllo delle persone, a prescindere che le usino o no. E non si tratta di una primizia cinese…