Nel 1990, la Conferenza delle città europee di Francoforte aveva rivoluzionato le politiche sulle droghe con l’introduzione della Riduzione del danno (RdD), affermando che l’approccio repressivo creava più danni che risultati. Poi, mentre la RdD andava affermandosi in tutta l’Unione, nel 2010 e nel 2016 con le Carte di Praga e di Varsavia, le municipalità ribadivano l’esigenza di mettere al centro salute, inclusione, lotta allo stigma. La RdD ha dimostrato che i consumi di droghe potevano essere tenuti su una soglia di minor rischio e maggiore sostenibilità per chi usa e per la collettività, evitando l’impatto disastroso e inefficace dell’approccio penale. Non è un caso che siano state le città a guidare questa rivoluzione: perché erano e sono le città a dover governare i fenomeni e garantire la coesione sociale e i diritti di tutt* i cittadin*, oltre le scelte spesso ideologiche dei governi nazionali. Oggi le città sono di nuovo protagoniste: la sindaca di Amsterdam, Femke Halsema, il 26 gennaio ha chiamato alcuni sindaci da tutto il mondo per rilanciare questo protagonismo. Ma con alcune differenze fondamentali rispetto ai decenni passati. In una lettera aperta – pubblicata su The Guardian – la sindaca aveva denunciato la crescita esponenziale dei mercati illegali, della violenza ad essi correlata, e la presenza di reti macrocriminali, inedite per l’Olanda (non certo per l’Italia…) e aveva affermato che la miglior lotta al narcotraffico non era una escalation di repressione ma, al contrario, lo sviluppo dell’approccio liberale cui le politiche olandesi si sono sempre attenute: in una parola, per Femke Halsema è maturo il tempo per parlare di regolazione legale dei mercati. Dunque oltre la RdD, verso un vero cambio di paradigma. La seconda differenza rispetto al passato è la dimensione globale che questo percorso alternativo vuole avere, andando ad interrogare la stessa politica ONU: sottolinea infatti la sindaca, riferendosi all’approccio globale proibizionista, come: «allinearsi alle proposte delle politiche globali (leggi UNODC) possa avere effetti controproducenti».
La conferenza di Amsterdam si è chiusa con un Manifesto, che afferma: «Riconoscendo i fallimenti e le violazioni dei diritti umani causati da un approccio punitivo sulle droghe, ci impegniamo ad adottare politiche centrate sulla salute, che enfatizzino la riduzione del danno, la decriminalizzazione e la regolamentazione dei mercati della droga». Mentre «l’esplorazione di un approccio diverso non implica un allentamento degli sforzi contro il traffico di droga e i crimini correlati», tuttavia al centro della nuova strategia sta «la necessità di esplorare alternative normative di regolazione del mercato per mitigare i rischi associati ai mercati illegali. La regolamentazione legale delle droghe può offrire opportunità di educazione e pratiche di consumo più sicure, promuovendo così la salute pubblica e riducendo i danni».
Questa nuova rete (a cui città e associazioni possono aderire) si propone come riferimento internazionale per un processo di riforma, creando così un nuovo spazio politico di iniziativa. Molti i sindaci presenti alla conferenza: Claudia López, Bogotà, Alec von Graffenried, Berna, Pavel Bém, già sindaco di Praga oggi Global Commission on Drug Policy, Jean Pierre Smith, Cape Town. Impossibilitato a presenziare, ma coinvolto nella costruzione dell’incontro, il sindaco di Milano Giuseppe Sala: un buon segnale, se si considera che Milano è una delle città promotrici della rete, nata nel 2022, degli Enti Locali per politiche Innovative sulle Droghe (ELIDE), che si ritroverà a Napoli il 1° febbraio (9.30-16, Sala dei Baroni, Mascio Angioino) per la sua seconda conferenza nazionale. Un momento in cui la proposta del Manifesto di Amsterdam potrà portare, alle città e ai movimenti, un contributo strategico e un nuovo luogo politico in cui fare rete per la riforma, locale e globale, delle politiche sulle droghe, in un momento in cui il governo continua a parlare la lingua della war on drugs.
Su www.fuoriluogo.it la documentazione e la diretta dell’evento di Napoli.
[Articolo di Susanna Ronconi pubblicato su l’Unità del 31 gennaio 2024]