Il report The Death Penalty for drug offences: global overview 2022 è lo strumento con cui dal 2007 Harm Reduction International, associazione internazionale impegnata nella riduzione del danno, monitora a livello mondiale l’applicazione della pena di morte per reati droga-correlati. Le fonti per la collazione dei dati includono i rapporti governativi ufficiali (ove disponibili), agenzie di stampa, sentenze giudiziarie, rapporti e banche dati delle ONG, documenti dell’ONU, rapporti sui media, articoli accademici e report delle organizzazioni civili.
Sono ancora 35 i Paesi a ricorrere alla pena di morte per reati droga-correlati. Dopo il 2021, anno caratterizzato da statistiche altalenanti, la situazione nel corso del 2022 ha subito una netta regressione. I dati raccolti da HRI hanno infatti appurato almeno 285 esecuzioni: un incremento del 118% rispetto al 2021, e dell’850% rispetto al 2020. Le persone condannate a morte sono state invece almeno 303, il 28% in più di quanto avvenuto nel 2021.
Le sentenze sono avvenute almeno in sei Stati: Iran, Arabia Saudita, Singapore, Cina, Nord Corea e Vietnam, nonostante l’opacità che ammanta tali pratiche in questi ultimi due Stati rendano difficile reperire dati attendibili. (country by country)
Tanto Singapore quanto Arabia Saudita sono tornate a fare ricorso alla pena capitale a seguito di un periodo di disapplicazione. Benché molti Stati stiano indirizzando le loro politiche sulla pena di morte in ottica abolizionista, per quanto riguarda i reati droga-correlati la direzione assunta appare diametralmente opposta.
L’opposizione manifestata dalla società civile mediorientale nel corso del 2022 si scontra con l’inasprimento delle condanne in luoghi come Iran o Arabia, che nel Marzo 2022 ha assistito all’esecuzione numericamente più corposa della sua storia: 81 prigionieri.
Globalmente, le accuse per reati di droga riguardano il 32% del totale delle pene di morte comminate. Almeno 3700 persone sono recluse nel braccio della morte.
In tale contesto, attori istituzionali, organizzazioni civili e Stati alleati faticano nell’elaborazione di risposte adeguate.
A seconda di modalità e ricorso d’applicazione, gli Stati vengono divisi in:
- alta applicazione: Cina, Indonesia, Iran, Malaysia, Nord Corea, Arabia Saudita, Singapore, Vietnam
- bassa applicazione: Bahrain, Bangladesh, Egitto, India, Iraq, Kuwait, Laos, Pakistan, Sri Lanka, Palestina, Thailandia, Emirati Arabi Uniti
- applicazione simbolica: Brunei, Cuba, Giordania, Mauritania, Myanmar, Oman, Qatar, Sud Corea, Sudan del Sud, Sudan, Taiwan, Usa
- dati insufficienti: Yemen, Libia e Siria
In Cina, la pena di morte rimane uno dei principali strumenti di controllo delle politiche sulle droghe. Nel 2022, almeno tre casi su dieci sono terminati con l’applicazione di una sentenza. La Corea del Nord ha espanso le possibilità di utilizzo della pena di morte, estendendola anche ai casi di furto. Almeno una persona è stata giustiziata a seguito di crimini legati alle droghe. In Iran si è verificato un significativo aumento di tale pratica, stimato attorno al 92%. La mancanza di trasparenza rende difficoltosa l’accuratezza della stima.
In Arabia Saudita, la moratoria sulle esecuzioni per droga annunciata dal principe Mohammad Bin Salman all’inizio del 2020 è terminata bruscamente nel Novembre 2022. Entro la fine del 2022, le esecuzioni confermate sono state almeno 22, incluse due condanne eseguite e non riportate ufficialmente. Almeno la metà erano stranieri: l’Arabia Saudita ha giustiziato almeno quattro cittadini siriani e tre giordani, concedendo poi la grazia a Abo Al-Keir, in carcere per traffico di droga dal 2015.
A Singapore, dopo uno stop di due anni, a Marzo 2022 l’impiccagione di un uomo di 68 anni con disturbi psichiatrici e un lungo passato di dipendenze ha fatto segnare una nuova inversione di tendenza, al punto che, entro l’Ottobre dello stesso anno, le esecuzioni erano già salite ad almeno undici.
In Malaysia le sentenze nel corso del 2022 sono state 20, cinque in più rispetto al 2021; in Vietnam, 89, due in più rispetto al 2021, con almeno cinque donne giustiziate.
Gli Stati a bassa applicazione sono quelli in cui negli ultimi cinque anni non sono avvenute esecuzioni, nonostante esse continuino a venir comminate. In questi Stati, il numero di condanne, fra 2021 e 2022, è salito da 39 a 62.
Il Laos rappresenta il caso più esplicativo di tale tipo di approccio: le percentuali di condanna sono salite di +178% rispetto al 2021 e di +200 rispetto al 2020. L’aspetto repressivo delle politiche sulle droghe è stato intensificato da quando il “problema droga” è stato inserito nella national agenda a metà del 2021.
In questo novero di Stati, la Thailandia, che nel corso del 2022 ha depenalizzato alcune condotte relative alla Cannabis, è l’unico a fornire dati disaggregati. Negli altri casi, le stime sono derivate da news, report di associazioni civili e registri annuali.
Tanto in Laos che in Thailandia, i reati droga-correlati costituiscono il principale crimine alla base delle sentenze di morte, rispettivamente 62% e 78%.
Mentre il Pakistan, nel 2022, ha abolito la pena di morte per questo tipo di reati, lo Sri Lanka ha intensificato questa pratica, mediante il Poisons, Opium and Dangerous Drugs Amendment Act, che ha incluso fra le condotte passibili di condanna anche consumo, produzione e vendita di metanfetamine.
Gli Stati ad applicazione simbolica sono quelli in cui non si verificano esecuzioni da almeno cinque anni, nonostante la pena di morte rimanga uno strumento a disposizione della giustizia. Le esecuzioni avvenute nel 2022 in Myanmar, per motivi politici, e in Qatar, in coincidenza del campionato mondiale di calcio, non hanno riguardato reati legati alle droghe, così come in Giordania. Nonostante Cuba non esegua condanne da diciotto anni, e non si segnali la presenza di detenuti nel braccio della morte, il nuovo codice penale, adottato a Dicembre 2022, include la pena capitale come possibile sentenza per oltre venti reati.
Gli Stati per i quali i dati disponibili risultano insufficienti sono Siria, Libano e Yemen. La Siria non ha riportato esecuzioni nel 2022, così come la Libia, la quale non ha neanche comminato condanne. In Yemen, nel Giugno 2022, è stata eseguita una condanna a morte per consumo e spaccio di hashish e metanfetamina: è il primo caso in undici anni.
Il massiccio incremento del ricorso alla pena di morte per punire i crimini di droga attesta la tendenza a marginalizzare ed escludere dal dibattito pubblico le spinte innovatrici provenienti dalla società civile. In secondo luogo, la tendenza a punire coloro che occupano le posizioni più basse nella piramide del commercio illegale di sostanze rappresenta una conferma del fatto che le persone giustiziate siano prevalentemente quelle costrette a vivere in situazioni di difficoltà socioeconomiche. I numeri raccolti da HRI, infine, testimoniano l’inadeguatezza dello strumento pena di morte, in particolare quando declinato in ottica deterrente in merito al consumo di droghe: ulteriore e cruenta conferma che la risposta a violazioni, violenze e soprusi causati dalla War in Drugs deve essere rappresentata da politiche rispettose dei diritti umani.