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E’ POLEMICA tra Facebook e “Just Say Now”, la campagna a favore della legalizzazione della marijuana negli Stati Uniti. Il social network ha prima autorizzato, poi bandito le pubblicità dell’associazione, contenenti l’immagine di una foglia di cannabis. Ora i promotori gridano alla censura e invitano tutti i loro sostenitori a mettere su Facebook la stessa profile picture: quella della foglia incriminata.

Lo spot di “Just Say Now”, campagna organizzata dal sito Firedoglake.com 1 e dal network Students for Sensible Drug Policy, ha “vissuto” su Facebook per 9 giorni, dal 7 al 16 agosto, quando da Palo Alto è arrivato l’ordine di far sparire la foglia. A spiegare le ragioni di questa decisione alla rivista Wired è stato Andrew Noyes, un portavoce di Facebook: “Il logo in questione non era più accettabile come pubblicità sul sito. L’immagine di una foglia di marijuana rientra tra i prodotti per il fumo e quindi non è permessa sotto le nostre politiche 2”.

Immediata la reazione dei promotori di “Just Say Now”. “Si tratta di una censura a tutti gli effetti: non stiamo cercando di vendere droga alla gente. In ballo c’è una questione politica”, ha commentato Jane Hamsher, cofondatrice del blog Firedoglake.com. La proposta di legalizzare alcune attività legate alla marijuana (la cosiddetta Proposition 19) è infatti uno dei temi caldi delle votazioni del 2 novembre in California. Lo spot originale era intitolato “End the war on marijuana” (“metti fine alla guerra contro la marijuana”) ed esortava i cittadini a firmare un appello rivolto direttamente al presidente Barack Obama a sostegno del diritto di ogni singolo Stato a decidere in merito alla legalizzazione.

A far innervosire i sostenitori della campagna è stato soprattutto il passo indietro fatto da Palo Alto. “Prima di censurarci, lo spot è apparso 38 milioni di volte”, ha aggiunto Hamsher. Poi, di colpo, “la censura”. La mossa non è piaciuta neanche a molte associazioni studentesche, che si dicono tradite da un social network che è diventato grande proprio grazie a loro, i college students. “La nostra generazione ha fatto il successo di Facebook perché era una comunità in cui potevamo essere liberi e discutere di argomenti delicati come le politiche di legalizzazione. Se a Facebook continuano con queste misure censorie non dovranno aspettare fino al giorno delle elezioni per essere giudicati obsoleti”, tuonano dalla Young Americans for Freedom.

Secondo alcuni giornali americani, le risposte da Palo Alto sono state frammentarie e un po’ deboli. Un’altra portavoce di Facebook, Annie Ta, ha commentato dicendo che “Just Say Now” può continuare a mettere le proprie pubblicità sul sito, a patto di rimuovere la foglia. D’altro canto, sono diverse le associazioni in favore del Regulate, Control and Tax Cannabis Act che hanno scelto di non utilizzare l’immagine della pianta proprio per non promuovere concetti sbagliati sulla legalizzazione, che nei fatti è tutt’altro che un far-west della droga (si tratta dell’uso regolato di marijuana e dell’organizzazione di un sistema statale di tariffe e imposte).

A “Just Say Now”, però, non ci stanno e paragonano il blocco all’immagine al divieto di mostrare la faccia di un candidato in uno spot politico. “E’ come se ci avessero impedito di mostrare il volto del nostro uomo”, ha chiosato Michael Whitney di Firedoglake.com. “Dal punto di vista della comunicazione politica, è un disastro”. I più critici, poi, non mancano di notare che nella pagina online dedicata alle sue advertising guidelines (le linee guida sulla pubblicità) non compare mai il riferimento ai prodotti legati al fumo, e che la foglia di cannabis compare in moltissime altre pagine, sebbene non si tratti di materiale pubblicitario.

A mettere una pezza ci ha provato un’altra volta Annie Ta, in una successiva dichiarazione rilasciata al Los Angeles Times: “Le nostre politiche proibiscono la promozione pagata di contenuti illegali. La legge vieta gli spot sul tabacco. Non dice niente di specifico sull’armamentario legato alla droga, ma indica che gli spot non possono contenere o promuovere contenuti illegali o attività illecite”. Una questione non solo di forma, ma anche di sostanza, insomma. Non la pensano così le 700 persone che hanno già condiviso la petizione di “Just Say Now” contro la censura di Facebook e in queste ore stanno sostituendo la loro immagine personale con quella della foglia.

Secondo un recente sondaggio del Pew Research Center, il profilo dei cittadini a favore della legalizzazione corrisponde al tipico utente di Facebook: non a caso le proteste più forti arrivano proprio dagli studenti, che accusano uno dei cofondatori, Dustin Moskovitz, di incoerenza. Secondo un report finanziario dell’associazione Proposition 19, infatti, Moskovitz sarebbe uno dei donatori d’eccellenza a favore della causa, con un contributo di almeno 20 mila dollari.