Dallo spinello allo «skunk», ovvero «come la droga sicura degli hippies è diventata un serio pericolo per la salute»: è il titolo a effetto dell’Independent, salutato con esultanza da buona parte della stampa italiana quale dietro front dell’importante testata da sempre a favore della decriminalizzazione della canapa. Un alleato in meno per il governo britannico che nel 2003 decise di declassificare la canapa (in una tabella fra le sostanze meno pericolose) con conseguente depenalizzazione del consumo; e un alleato in più per la destra italiana di governo che nel 2006 l’ha accomunata all’eroina e alla cocaina, con conseguente pesante ripenalizzazione; nonché un nuovo insperato appiglio (dopo la pronuncia del Tar del Lazio) per il correntone teo bipartisan, che vede nel codice penale l’unica via «etica» per trattare il tema droghe.
Scorrendo il pezzo: la nuova canna (lo skunk) «può essere 25 volte più potente di quella usata dalle passate generazioni», una vera e propria «bomba ad orologeria» per la salute mentale. In un giornale degno della sua fama, ci si aspetterebbe che la vexata quaestio dell’associazione fra consumo di canapa e disturbo mentale fosse trattata con una certa serietà, informando, magari in termini semplici, sulle più recenti revisioni della letteratura scientifica in merito. Niente di tutto ciò: si tratta del solito polpettone terrorizzante, a partire dalla storia della ragazzina che «fuma» e non riesce ad alzarsi più dal letto, alla testimonianza del sovrintendente Leroy Logan secondo cui «la declassificazione della canapa ha portato ad un uso estensivo della sostanza fra i giovani»; fino alla perla, «il boom della canapa super potente si riflette nel massiccio aumento di persone che soffrono di problemi di salute mentale a causa di ciò (sic!)». E via di questo passo. Non una parola circa il parere dello Advisory Council on the Misuse of Drugs (Acmd), l’organismo scientifico di consulenza del governo britannico, che, poco più di un anno fa, consegnava un documento proprio sulle due questioni affrontate dall’articolo: l’eventuale legame causale fra canapa e sviluppo di problemi mentali, e la valutazione circa la concentrazione di Thc nella sostanza in circolazione. In contrasto con le certezze dell’Independent, lo Acmd scrive: «Il consumo di canapa non è causa necessaria e neppure sufficiente dello sviluppo della schizofrenia..nella peggiore delle ipotesi, il consumo di canapa può dare solo un piccolo contributo al rischio individuale di sviluppare la schizofrenia». E il «cannone» dei nostri giorni? La potenza dello hashish e quella della marijuana è rimasta pressoché invariata, mentre è aumentata quella della sinsemilla (lo skunk), fino al doppio (che è sempre un po’ meno di 25 volte). Ma – precisano gli esperti – «la sinsemilla non è il prodotto dominante nel mercato» e dunque l’allarme non è sostenuto dai fatti. In più, non è neppure detto che i danni della supercanna siano inevitabili, perché è possibile che i consumatori cerchino di adattare l’assunzione in modo da avere sempre la stessa concentrazione di Thc nel sangue. Insomma, è come una Gitane fumata al posto di tre sigarette extra light, per intendersi.
E la punta di lancia dialettica dei tanti e cosmopoliti teocavalieri, che presentano la depenalizzazione come un diabolico incentivo al consumo? Non solo non si è registrato alcun aumento nei consumi dall’entrata in vigore delle nuove norme inglesi, al contrario continua la tendenza ad un lento decremento. Con buona pace del sovrintendente Leroy. E tanta rabbia dei suddetti cavalieri, c’è da starne certi.