Continua la criminale carneficina di persone innocenti nelle Filippine. La campagna di massacro indiscriminato di chiunque sia sospettato di essere uno spacciatore o legato al mondo della droga non accenna a fermarsi malgrado gli appelli e i richiami, non solo delle associazioni per la tutela dei diritti umani, fra cui Forum Droghe e moltissimi italiane, ma anche quelli ufficiali del Presidente dell’Onu, dalla Chiesa Cattolica Filippina e del Congresso degli Stati Uniti. La situazione nelle Filippine è decisamente grave. L’ultima vittima registrata di questo inutile massacro è una bambina di 5 anni nipote di un autista di risciò, malato, segnalato da qualche disonesto delatore come legato al mondo degli spacciatori. Interrogato dalla polizia Maximo Garcia era ovviamente risultato estraneo a qualsiasi addebito, ma l’infame segnalazione è bastata per giustificare il tentativo di omicidio ai suoi danni che ha causato la morte della nipotina.
La situazione nelle Filippine è questa. Chiunque dietro la giustificazione della “guerra alla droga” può permettersi di condannare a morte un vicino odiato, un concorrente in affari, un tossicodipendente antipatico. Le Filippine sembrano essere diventate il paradigma della “war on drugs” portata all’eccesso, le esecuzioni extragiudiziarie sono all’ordine del giorno e la sospensione di qualsiasi parvenza di stato di diritto rimandano alla mente gli interventi dei decenni scorsi delle squadre paramilitari in Sud America. Migliaia di vittime sono state uccise dai colpi degli scontri fra la criminalità organizzata e le forze delle armate “antidroga” protette dal cappello della “war on drugs”, lasciando sempre il dubbio di quali fossero i confini fra gli uni e gli altri.
Ancora più chiaro è il quadro se riascoltiamo le parole del Presidente delle Filippine Rodrigo Duterte quando definisce i tossicodipendenti: “no longer viable as human beings on this planet”: non più considerabili essere umani sulla terra. Un’affermazione terribile che ricorda non troppo da lontano le nostrane definizioni di “zombie”, “larve umane”, utilizzate da brizzolati politici nostrani in più di un’occasione.
Un disprezzo per la vita di migliaia di persone che può diventare un progetto politico di sterminio. Nelle Filippine sono 1600 le persone uccise dalla polizia o dalle squadre di vigilantes privati, molti i tossicodipendenti e la carneficina non accenna a fermarsi. Sono evidenti le analogie con i massacri interetnici o per motivi religiosi, uno stigma inciso sulla pelle di persone (tossicodipendenti o semplici utilizzatori di droga) spesso in difficoltà, facili da colpire, difese da nessuno. L’indignazione dell’Onu nei suoi massimi vertici purtroppo si scontra con l’incapacità colpevole dell’Assemblea Generale, riunitasi solo pochi mesi fa per fare il punto sulle politiche sulle droghe nel mondo, che non è stata in grado di andare oltre la riproposizione del modello proibizionista.
Non saranno certo le carneficine o gli imprigionamenti di massa a risolvere il problema degli abusi di droga nel mondo, ma solo il coraggio degli Stati nel vincere la propria infingardaggine e prendere in mano la gestione delle sostanze con programmi di legalizzazione dei consumi e di intervento a favore delle persone in difficoltà.