I danni della politica antidroga inaugurata nel 2006 col governo Berlusconi vanno oltre la legge Fini-Giovanardi e la perniciosa gestione del Dipartimento a livello nazionale. Il duo Giovanardi-Serpelloni ha impresso una svolta radicale, ideologica e conservatrice, alla politica italiana sul piano internazionale, a scapito dell’intesa con l’Europa.
L’azione più clamorosa di rottura ebbe luogo nel 2009, nella riunione della Commission on Narcotic Drugs (Cnd), uno dei più importanti organismi Onu che si riunisce ogni anno a Vienna. L’episodio è narrato nei dettagli in un articolo che sta per uscire sulla prestigiosa rivista internazionale International Journal of Drug Policy, dal titolo “Governance in Eu illicit drugs policy”. Gli autori sono Carel Edwards e Maurice Galla, due alti funzionari dell’Unione Europea al tempo impegnati sul tema. La sessione 2009 della Cnd rivestiva particolare importanza poiché ricorreva il decennale della Dichiarazione Politica adottata all’Assemblea Generale sulle droghe tenutasi a New York nel 1998: quella che aveva lanciato come obbiettivo “l’eliminazione o quanto meno la riduzione significativa in dieci anni” delle principali droghe illegali. Dunque la Cnd 2009 avrebbe dovuto verificare se l’ambizioso obbiettivo era stato raggiunto o meno e, sulla base di questa valutazione, giudicare l’efficacia delle politiche proibizioniste globali. L’Europa, col lavoro del gruppo orizzontale sulle droghe (Hdg), si stava preparando fin dal 2005 per trovare una posizione comune da sostenere nel negoziato in sede Onu. Era peraltro una posizione già consolidata, sulla base della quale erano stati redatti la Strategia Europea Antidroga e i Piani di Azione.
All’inizio la trattativa andò bene e l’Europa, sotto la guida della presidenza di turno ceca, riuscì a portare avanti temi importanti e controversi come la protezione dei diritti umani, la riduzione del danno, lo sviluppo alternativo per i paesi produttori invece dell’eradicazione forzata sostenuta dagli Stati Uniti. Ma alla fine la posizione europea collassò per responsabilità della Svezia, ma soprattutto dell’Italia. Lo scontro si ebbe sulla riduzione del danno. Come si sa dalle rivelazioni di Wikileaks, gli Stati Uniti fecero pressione sui paesi “amici” per minare l’unità europea, trovando nell’Italia l’atteggiamento più servile. “Il governo italiano fu il più insistente –scrivono Edwards e Galla- e alla fine ruppe il consenso europeo spazzando via la strategia di negoziazione che per mesi era stata relativamente vincente”. E fu così che il termine riduzione del danno fu eliminato dalla Dichiarazione Politica finale della Cnd. Ancora: “In una o due occasioni, il ministro responsabile del governo Berlusconi (ossia Giovanardi) si presentò a Vienna per fare dichiarazioni del tutto in contrasto con la posizione europea, ritornando poi a Roma senza altri contatti con i colleghi europei”.
Sin qui la denuncia di Edwards e Galla. Come scrivevamo allora (Manifesto, 11/3/2010) la posizione di rottura dell’Italia fu continuata in sede europea dal capo dipartimento Giovanni Serpelloni: nel febbraio 2010 le più importanti Ong italiane scrivevano una lettera aperta al presidente del Gruppo Orizzontale Europeo per dissociarsi dalla posizione del governo italiano sulla riduzione del danno. “Denunciamo che un tema così importante per la salute pubblica come la riduzione del danno sia trattato dal nostro governo in modo ideologico e strumentalmente politico”, finiva la lettera.
Che dire se non – ancora una volta – via le vecchie e screditate facce della politica della droga? Se non ora, quando?
Articolo di Redazione
Salvina rissa scrive per la rubrica di Fuoriluogo su il Manifesto del 21 maggio 2014