L’ultima è l’uscita dei sindaci Pd di Bologna e Firenze, Sergio Cofferati e Leonardo Domenici, che parlano di poteri di polizia giudiziaria per i primi cittadini. C’era stata l’ordinanza anti – lavavetri nel capoluogo toscano, il piano sicurezza del ministro dell’Interno Giuliano Amato che ha paventato, salvo pronte reazioni del centrosinistra, una svolta fascista nel nostro paese. Quanto è autentica l’emergenza sicurezza in Italia? Ne abbiamo parlato con il sociologo Enrico Pugliese, direttore dell’”Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali” del Cnr.
Professor Pugliese, hanno già destato scalpore le dichiarazioni di Cofferati e Domenici, che pare non vedano di cattivo occhio la possibilità di vedersi affidati poteri di polizia giudiziaria. Che ne pensa?
“Non vedo che bisogno ci sia di modificare le leggi dello Stato in questo ambito. Esiste una questione di sostanza: provvedimenti di questo genere – che io non condivido – andrebbero presi in condizioni di serenità e non emotive come quella attuale. Dissento, ovviamente, dalla richiesta come cittadino. Come studioso ho da dire che si sta procedendo a una pericolosissima rappresentazione negativa degli immigrati che per fortuna non ha una base reale”.
L’allarme, su cui fa leva il dibattito degli ultimi giorni, è quindi secondo lei ingiustificato?
“Assolutamente ingiustificato. La frase più stupida che ho sentito in questo periodo è la seguente: la sicurezza non è né di destra né di sinistra. Questa frase è al contempo lapalissiana e banale, la frase giusta dovrebbe essere: l’ossessione della sicurezza è di destra, il tentativo di capire cosa sta succedendo e la valutazione serena dei fatti sono di sinistra. Ho l’impressione, quindi, che questa ondata porti a destra. D’altra parte è stata una pessima idea creare questa clima perché nel lungo periodo si rischia di trovarsi di fronte a fenomeni del genere profezie che si auto-verificano. Mi spiego: se si cominciano a trattare le persone come delinquenti, si finisce per spingerle obiettivamente nella delinquenza. Dai miei studi, tra l’altro, non mi risulta l’esistenza di racket di lavavetri. Semplicemente si susseguono gruppi di persone, di etnie e nazionalità diverse. Altro problema, naturalmente, è quello della delinquenza. Che ci sia delinquenza tra gli immigrati, come in qualunque altro paese, è ovvio. Ma bisogna applicare le leggi dello Stato. C’è poi, nel dibattito, un elemento provinciale, e qui smetto di parlare da studioso. Possibile che in Italia non ci si renda conto che la tolleranza zero è passata di moda, in America, da almeno due anni? Giuliani e persino la destra ormai parlano di altro, di criteri articolati di repressione, la tolleranza zero è diventata un luogo comune”.
Ma si è detto che non è importante solo la sicurezza in quanto tale, ma la percezione che ne hanno i cittadini. E si è parlato di un diffuso senso di insicurezza.
“Non so cosa sia, ma conosco, ad esempio, il senso di insicurezza di chi arriva in Italia senza una casa e un lavoro. Si mi si parla di insicurezza, in realtà, non so di cosa si sta parlando. Le questioni, i pericoli vengono da un’altra parte. Mi spiego meglio. Ci sono due tipi di atteggiamenti contro gli immigrati. Il primo è dovuto fondamentalmente al razzismo. Siamo tutti un po’ razzisti, riusciamo ad esserlo di meno quando la cultura e le informazioni sugli altri ci permettono di farlo. Penso che il razzista, tutto sommato, sia più giustificabile perché è mosso da un’emozione sincera, naturale. Mi sembra invece orrendamente cinico il secondo tipo di atteggiamento, proprio di chi pensa di cavalcare l’onda e lancia un messaggio di forza, repressione per assicurarsi una porzione maggiore di elettorato. Non so se il senso di insicurezza si può misurare, ma se si potesse misurare sicuramente aumenterebbe se chi svolge un compito istituzionale e di riferimento sparge allarmismo”.
Le istituzioni di cui parla, allora, come dovrebbero comportarsi?
“Bisogna muoversi con consapevolezza, capire esattamente quello di cui si parla. Faccio un esempio: crediamo che nei Cpt ci siano dei delinquenti, ma per i delinquenti c’è sempre stata la galera, nei Cpt ci vanno a finire quelli senza permesso di soggiorno, che commettono una contravvenzione e non un delitto. Le istituzioni non ce l’hanno insegnato e ci hanno trasmesso un’altra visione, ma i Cpt si potrebbero chiudere mantenendo, naturalmente, la galera per i criminali. Da queste cose se ne esce non con un dibattito incentrato sulla dicotomia sicurezza – insicurezza, ma attraverso una conoscenza approfondita della condizione degli immigrati. Senza la distinzione forzata tra “immigrato onesto” e “immigrato disonesto”, che mi ricorda quella tra “povero onesto” e “povero disonesto”, inventata dalla borghesia vittoriana per il togliere il sussidio ai disoccupati, con il pretesto della disonestà. Gli immigrati sono gli immigrati, in quanto persone, poi è chiaro che esattamente come gli italiani devono rispettare le leggi dello stato, ma cominciare con le distinzioni è già di per sé discriminatorio”.