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GERUSALEMME -La pace in Medio Oriente rimane un miraggio? L’università di Gerusalemme suggerisce la strada da percorrere per realizzare il miracolo: marijuana e hashish. Qualche giorno fa nella prestigiosa Beit Mayersdorf del campus universitario del Monte Scopus (Università di Gerusalemme) è stato indetto il primo convegno sul ‘Joint israelo-arabo per la questione della politica della pace e degli stupefacenti in Medio Oriente’. Nella ricerca della pace, è stato sostenuto, la marijuana e l’hashish possono quello che non hanno potuto decenni di sforzi diplomatici.

Dopo aver constatato che “gli abitanti di Israele sono un esempio eccellente di una società coinvolta in un conflitto permanente” e che la stessa Gerusalemme, distesa ai piedi del Monte Scopus, “rappresenta l’essenza del conflitto”, gli organizzatori hanno cercato di dimostrare che la speranza in un futuro migliore risiede nella pianta della cannabis, “un fattore che accomuna le Nazioni e i popoli della Terra”. Nel tentativo di dare un’impostazione pratica al dibattito accademico, hanno anche affermato che proprio la legalizzazione delle droghe leggere dovrebbe dare un impulso al processo di pace.

Ignorato dai grandi mezzi di comunicazione e delle televisioni nazionali, il convegno ha invece attirato l’attenzione di un pubblico eclettico fra cui si notavano studenti di aspetto serio che in extremis avevano deciso di saltare le lezioni nella vicina facoltà di Giurisprudenza, misti a cinquantenni usciti in apparenza dal campus di Berkeley negli anni Settanta. In questa atmosfera stimolante ha preso la parola Boaz Wechtel, il leader del Partito Alè-Yarok (foglia verde) che per tre volte si è presentato alle elezioni alla Knesset, riportando risultati numericamente trascurabili. Secondo Wechtel ci sono almeno tre argomenti vincenti per indurre israeliani e palestinesi se non proprio a fumare assieme il Calumet della pace, come nei film western, almeno a farsi uno spinello assieme.

In primo luogo, afferma, la legalizzazione delle droghe leggere in Israele significherebbe infierire un duro colpo a chi (come gli Hezbollah libanesi) traffica in stupefacenti per finanziare la propria lotta armata e il terrorismo. In secondo luogo, estese coltivazioni di cannabis risolleverebbero le condizioni degli agricoltori israeliani, che negli ultimi anni hanno conosciuto solo amarezze e recessi. In terzo luogo, di questo il Partito Alè-Yarok è profondamente convinto, il consumo di hashish e marijuana rende le persone meno aggressive, più mansuete. In questa lista, che si presenta al pubblico come una formazione dedita al dialogo per la pace, non mancano gli attivisti arabi. Alcuni di loro, pur menzionati come oratori dal programma distribuito dagli organizzatori, hanno tuttavia dato forfait.