E’ stata di recente pubblicata sul Journal of the International Neuropsychological Society (https://doi.org/10.1017/S1355617717000789) una nuova approfondita analisi dei lavori riguardanti gli effetti della cannabis sulle funzioni neuropsicologiche (attenzione, memoria, QI, etc), condotta da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Psicologia della Florida International University di Miami.
In prima battuta gli autori concludono che sussistono alcune valide evidenze di danno a dette funzioni, ma poi procedono a una serie di approfondimenti che sollevano più di un dubbio sulla effettiva rilevanza di tali evidenze.
In estrema sintesi: 1. Esclusi gli studi cosiddetti cross-sectional (cioè limitati a valutazioni in un dato punto nel tempo), i cui risultati hanno ben scarso valore, restano sette indagini longitudinali di lungo corso condotte secondo disegni validi e pubblicate tra il 2005 e il 2016, ma comunque “viziate” dall’assenza di valutazioni neuropsicologiche anteriori all’inizio del periodo di consumo. 2. I risultati sono assai variabili tra le diverse ricerche, mentre il danno, in genere limitato ai casi di uso pesante e prolungato (una sparuta minoranza rispetto al totale dei consumatori), è per lo più di ridotta entità: cioè clinicamente irrilevante anche quando statisticamente significativo (in gergo si parla in tali casi di “effetti futili”). 3. L’accurata considerazione dei cosiddetti fattori confondenti (uso concomitante di alcol e altre sostanze, condizione socio-economica, etc.) riduce e in più di un caso azzera l’entità del danno.
Secondo gli autori, una risposta più adeguata a una serie di quesiti importanti – cioè, oltre che sulla effettiva nocività o meno di diversi stili di consumo di cannabis, sugli eventuali fattori modulanti le differenze interindividuali di vulnerabilità, sui c.d. fattori di rischio condivisi tra consumo di cannabis e funzionamento neuropsicologico, etc. – dipenderà dall’esito di ulteriori studi longitudinali come quello già avviato dagli NIH statunitensi: una mega-ricerca sullo sviluppo neurocognitivo che ha arruolato ben 10.000 soggetti di 9-10 anni e durerà 10 anni, e che tra i vari obiettivi dovrebbe consentire di confrontare l’andamento del funzionamento neuropsicologico in coloro che in tale periodo consumeranno cannabis con quello di coloro che invece si asterranno.
Ma a parte le non lievi perplessità sia sul piano etico, per i possibili danni allo sviluppo neuropsichico dei soggetti posti nel mirino di un tale studio, sia sul piano metodologico, per l’influenza che l’arruolamento nello studio potrebbe esercitare sulle scelte dei soggetti nella tarda infanzia e nell’adolescenza, con tanti problemi più gravi in vana attesa di esser studiati e affrontati c’è da chiedersi che senso abbia una tale insistenza in quella che appare oramai come una vera e propria caccia alle streghe.