Lo scorso dicembre 2021, questa piccola isola del Mediterraneo è diventata protagonista in quanto primo paese del continente europeo a scegliere di regolamentare consumo e produzione di cannabis a prescindere dalla distribuzione per motivi medici. Oggi, a undici mesi da questa coraggiosa svolta, incontriamo Mariella Dimech, presidente esecutivo di ARUC: l’Autorità maltese per l’uso responsabile della cannabis.
Per comprendere la «via maltese» alla legalizzazione, quali sono i principali aspetti che ARUC ha tenuto in conto durante lo sviluppo del processo normativo ?
In primo luogo, dovevamo affrontare l’ argomento sotto il profilo dei diritti umani perché chi fa uso di cannabis non dovrebbe essere trattato come un criminale, non dovrebbe essere incarcerato né dovrebbe vedere macchiata la propria fedina penale, cosa che lo accompagnerebbe negativamente per il resto della vita. In secondo luogo, non volevamo promuovere l’uso della cannabis, ma allo stesso tempo siamo stati molto realistici con le statistiche e le ricerche che mostravano esservi un gran numero di persone che la consumano. Pertanto, il secondo obiettivo è stato quello di seguire un approccio di riduzione del danno. Il terzo punto è stato ridurre il mercato illegale attraverso un approccio no profit alla coltivazione e distribuzione di «cannabis ricreativa» a un prezzo molto basso: metà del prezzo nel mercato illegale e ad un prezzo inferiore rispetto al mercato terapeutico.
Nei paesi in cui il proibizionismo è ancora in vigore, spesso l’approccio scelto è quello di criminalizzare il comportamento dei consumatori come se il semplice consumo di cannabis debba essere stigmatizzato tout court. A Malta, invece, già il nome dell’istituzione che lei rappresenta rivela un focus sul consumo responsabile. Crede che per un cittadino sia possibile consumare questa pianta ed essere tuttavia parte integrante e produttiva del paese?
Innanzitutto dobbiamo definire la differenza tra consumo, dipendenza e abuso. Quando qualcuno è dipendente da qualcosa, questa persona non funzionerà correttamente. Quindi se sono dipendente alla cannabis, se sono dipendente all’alcool, se sono dipendente dal lavoro, se sono dipendente al sesso o se sono dipendente dal cibo, in qualsiasi forma di dipendenza, una persona non agisce in maniera sana. In secondo luogo, essere dipendente da una droga è la cosa più salutare? Certo che no, ma esistono livelli di dipendenza nei quale ancora si può vivere normalmente. Molte persone, ad esempio, si svegliano la mattina, vanno a fare jogging, vanno in palestra, vanno a lavorare e poi, la sera, alla fine della giornata prima di andare a dormire, potrebbero assumere un po’di cannabis perché li fa sentire bene. Potrebbero prendere un bicchiere di vino o un po’ di whisky, o una tazza di tè, o magari fare una passeggiata… Penso che una passeggiata sia più salutare? Ovviamente sì e la preferirò sempre. Tuttavia, dobbiamo considerare queste persone come squilibrate se prendono un po’ di cannabis alla fine della giornata? Io non credo che lo siano. Sono queste persone dipendenti? Sì, potrebbero esserlo. Ma il punto è se una persona funziona o meno in quanto consumatrice e in base a che tipo di modalità questa stessa persona consuma una determinata sostanza. E’ la maniera con la quale si consuma che poi definisce se una persona sarà atta o meno alla vita quotidiana.
Nel vostro sistema qual è il ruolo riservato all’informazione?
Importante perché dobbiamo credere che quando le persone sono informate, sono educate e hanno conoscenza, sono in grado di prendere decisioni corrette. Il nostro scopo è informare e in questo approccio la differenza è che se un diciannovenne vuole consumare cannabis, può andare da uno spacciatore e acquistare un prodotto che non è stato testato, mentre è esposto ad altre droghe, oppure può essere membro di una organizzazione no profit, può rivolgersi ad essa, può chiedere, venire informato, ad esempio, sui livelli di THC e CBD e sugli effetti della sostanza. Questo dialogo si basa su conoscenze e fatti reali e non su un soggetto che vuole fare soldi. Quando c’è legalità, il cliente ha diritti come chi vende. Come ARUC ci assicureremo di testare tutta la cannabis prodotta: testare la chimica, i pesticidi, eventuali metalli presenti, le muffe, il livello di THC prima della concia e dopo la concia… La cannabis a Malta sarà sicura e pulita.
Uno dei motivi principali che spesso portano gli Stati più riformisti a legalizzare la cannabis è la protezione dei giovani. Ritiene che i risultati siano soddisfacenti da questo punto di vista?
Raccoglieremo dati, faremo ricerche e penso che sarò in grado di rispondere a questa domanda in modo più obiettivo quando avrò statistiche e dati. Per il momento, la cannabis è legale se hai più di diciotto anni, ma l’informazione, l’istruzione, la prevenzione e la riduzione del danno sono disponibili per tutte le età. Quello a cui miriamo è che se i giovani desiderano assumere cannabis, che almeno siano esposti alle giuste informazioni e siano istruiti su quello che stanno facendo.
In quanto ARUC, che tipo di relazioni avete sviluppato con scuole e agenzie educative?
Lavoreremo con le istituzioni educative, con le imprese e con i luoghi di lavoro. Personalmente ho trascorso gli ultimi vent’anni come uno dei pionieri della riabilitazione dalla droga qui a Malta ed ho ottimi rapporti all’interno del tessuto sociale. Per questo lavoreremo fianco a fianco con gli altri istituti.
Alcuni programmi specifici sono già stati avviati o sono ancora in fase di pianificazione per i prossimi mesi?
I programmi di prevenzione esistono da anni e non ho intenzione di replicare nulla. Ci concentreremo molto sulla riduzione del danno poiché la riduzione del danno è una musica diversa.
Cosa intende?
La riduzione del danno è una linea molto sottile tra il non promuovere ed il comprendere, fra lo spiegare ma senza far sembrare qualcosa troppo positivo. Quando si parla di prevenzione è più facile perché la prevenzione è: «Non devi toccare». La riduzione del danno è diversa, è piuttosto: «So che tocchi, so che potresti toccare, so che sarai curioso ed ecco cosa devi fare per non farti male.»
Che riscontri fornisce l’opinione pubblica a questo coraggioso passo avanti? Ci sono ancora voci contrarie o si sono silenziate grazie al contributo positivo della nuova legge?
Ci sono sempre critiche. Ci saranno sempre persone che non sono d’accordo e questo va bene. Ci sono anche persone che vorrebbero che le licenze per la produzione arrivino più velocemente, ma c’è molto lavoro e devono aspettare. In generale, le critiche sono basate su opinioni e approcci politici diversi o sulla mancanza di fiducia.
Qual è l’argomento principale di chi si oppone ancora alla riforma?
Le principali rimostranze provengono dai datori di lavoro perché sono preoccupati che i loro dipendenti si «sballino» sul luogo di lavoro. La realtà, però, è che la cannabis è stata usata per decenni e che le persone spesso la consumano sul luogo di lavoro e questo a prescindere dalla regolamentazione. Anche i genitori sono preoccupati perché non capiscono la legge, non capiscono il sistema che stiamo adottando e sono molto preoccupati. Ma quando spiego il nostro approccio si calmano.
Alla luce di questo primo anno, ci sono criticità o fenomeni che non avevevate previsto o del tutto previsto?
Per ora l’unica criticità è che non abbiamo ancora rilasciato i parametri per richiedere le licenze. Poi alcune persone pensano che adesso tutto sia libero o che sia legale fumare cannabis all’aperto, ma non lo è. Poiché viviamo in una società in cui le persone leggono solo i titoli, alcune persone non hanno capito la legge perché non l’hanno letta. Per questo motivo il problema principale è che dobbiamo informare costantemente il pubblico.
Parlando di licenze per la produzione, quando prevedete di rilasciare i moduli per farne domanda?
A breve, ma non prima della fine dell’anno, perché stiamo mettendo a punto tutto il sistema normativo.
Tutto sarà posticipato al 2023?
Probabilmente, ma per il momento, sin da dicembre 2021, è legale coltivare quattro piante in casa. La coltivazione domestica è legale e sarà anche legale richiedere una licenza per coltivare, conservare e trasportare cannabis.
Rispetto ai primi sei mesi del 2021, durante i primi sei mesi del 2022, che tipo di cambiamento hanno registrato le dinamiche dei tribunali? ARUC ha iniziato a registrare dati sull’impatto che la legalizzazione ha avuto dal punto di vista penale?
È presto per queste statistiche, ma ovviamente non ci sono arresti per possesso di cannabis.
La legalizzazione nel vostro paese apre interessanti prospettive anche dal punto di vista turistico. Quale approccio si riserva l’Autorità da questo punto di vista?
Le licenze e i club saranno in primis solo per i residenti maltesi. Malta non sarà un’altra Amsterdam perché non abbiamo legalizzato per incrementare il turismo.
Perché crede così fermamente che la legalizzazione della cannabis abbia a che fare con i diritti umani delle persone?
Penso che abbia molto a che fare con i diritti umani perché una persona dovrebbe essere trattata come un criminale se quella persona è un criminale e penso che dovrebbe esserci una definizione molto chiara di ciò che costituisca l’essere un criminale. In tutta Europa la cannabis è tollerata ma non regolamentata. A Malta sarà regolamentata e organizzata, legale, pulita e sicura in quanto è un diritto umano avere la possibilità di non comportarsi come un criminale ed essere al sicuro. Lavoriamo così duramente per offrire istruzione, servizi sociali, per aiutare le persone con problemi di salute mentale, per offrire servizi per abuso di sostanze, quindi come possiamo trattare qualcuno come un criminale quando non lo è? Senza questa legge non saremmo stati in grado di educare, regolamentare, monitorare, testare la cannabis, avere persone aperte al dialogo sui giovani o che si sentano legittimate a chiedere aiuto se ne hanno bisogno. Perché qualcuno deve essere con le spalle al muro o avere un tribunale addosso per chiedere aiuto? Le persone devono avere il diritto di avere accesso all’informazione, all’istruzione, a un sistema legale per fare le cose in modo sicuro. E questo è un diritto umano.