A cinque settimane dai primi ordini di quarantena, gli Stati Uniti restano il Paese più colpito dal Covid-19: oltre un milione i contagi confermati con quasi 60.000 decessi. Ugualmente pesante la crisi economica: 22 milioni di americani hanno formalmente richiesto il sussidio di disoccupazione nell’ultimo mese, e si prevede che i bilanci statali perderanno complessivamente almeno 500 miliardi di dollari fino all’anno fiscale 2022. Nel mirino anche il futuro del promettente settore della cannabis legale, mentre il quadro resta fluido e diverso nei vari Stati che la prevedono.
Promesse che potranno concretizzarsi solo sostenendo il settore in questa fase delicata. Ciò vuol dire innanzitutto garantire in qualche modo lo stimolo economico anche a queste aziende, pur se finora escluse perché a livello federale vige comunque il proibizionismo. È questo l’obiettivo di un apposito disegno di legge appena presentato deputati Democratici Earl Blumenauer (Oregon) ed Ed Perlmutter (Colorado). E sull’onda delle celebrazioni del 4/20, le strutture più consolidate continuano a impegnarsi per dare una mano. È il caso della californiana Caliva che ha contribuito fino a 10.000 dollari alla Silicon Valley Strong, entità creata proprio per aiutare i residenti meno abbienti che rischiano di essere trasferiti altrove, oltre ad aver donato migliaia di strumenti protettivi allo staff del Valley Medical Center di Santa Clara.
In ogni caso, il settore della cannabis legale Usa rimane quasi ovunque uno dei servizi essenziali, pur se il consumo sembra soggetto ad andamenti alterni. In Massachusetts, il cui governatore ha ordinato la chiusura totale, decisione che molti ritengono catastrofica per l’eventuale ripresa successiva. Intanto nel giro di 10 giorni si è registrato un picco di 1.300 richieste per la tessera terapeutica. In California e Colorado i negozi restano aperti, e le ordinazioni fioccano, pur se online o al telefono, con consegna a domicilio o fuori dai negozi. In forte crescita gli investimenti nelle app mobili, ma è sotto pressione la filiera produttiva e distributiva, vista l’ovvia riduzione del personale.
Modifiche operative che probabilmente resteranno valide anche nel post-Covid, come pure certe nuove abitudini dei consumatori. Tra cui la scelta di passare a prodotti commestibili, rispetto al fumo con danni aggiuntivi ai polmoni, e soprattutto optare per prodotti a base di Cbd, pressoché privi del principio attivo. Vanno forte i biscottini, anche senza glutine, vegani, senza zucchero, e perfino kosher. Ciò per i comprovati effetti calmanti del Cbd contro ansia, depressione e insonnia, disturbi sempre più frequenti proprio per via della quarantena forzata. Oltre che per mantenere o ritrovare il buon umore.
Analogo il quadro italiano, fatte le dovute proporzioni, rispetto al corrispettivo mercato della cannabis light. Lo si deduce da un apposito questionario proposto agli acquirenti su EasyJoint.it per verificare eventuali cambiamenti nei consumi e nelle motivazioni durante l’emergenza covid rispetto ai periodi precedenti. Le risposte ricevute tra il 14 e il 19 aprile, quasi 1.500 in totale, hanno rivelato che con la quarantena i consumi sono quasi raddoppiati.
In base ai dati del negozio online, fino a gennaio 2020, il consumo medio era di 2,93 grammi a settimana, mentre ora si è passati a 4,01 grammi pro capite, con una riduzione del 10% dei consumi inferiori al grammo/settimana. Emerge uno scivolamento tra il consumo sotto il grammo verso la fascia fino a 5 grammi con un aumento del 7% di chi ne consuma oggi tra i 5 ed i 10 grammi a settimana e un raddoppio, dal 2 al 4%, di chi ne usa più di 10 grammi a settimana corrispondente all’uso giornaliero.
Interessante analizzare le motivazioni che portano all’acquisto: il 23% dice di usarla per superare l’ansia, il 20% per migliorare la qualità del sonno. Vi è un incremento del 3% tra chi la utilizza per migliorare l’umore. E alla domanda generale se la cannabis light abbia aiutato in questo periodo, l’87% ha risposto di sì, e per il 50% di questi ha contribuito specificamente ad alleviare situazioni di ansia e stress.
Come ha spiegato Luca Marola, fondatore di EasyJoint nel 2017 (la cui storia è raccontata in un libro fresco di stampa presso Peoplepub): “Le tante mail e testimonianze ricevute, suffragate dai risultati della nostra indagine, ci rendono consapevoli di aver contribuito positivamente al benessere psicofisico di molte persone. Sta ora alle istituzioni farsi carico di risolvere l’annosa questione sulla liceità della vendita della cannabis light …e valutarne gli impatti non solo economici ma anche culturali per trovare insieme una soluzione”.