Si moltiplicano le segnalazioni sulle droghe usate dai jihadisti, in particolare il Captagon (per es. Internazionale). Il principale principio attivo è una delle tante molecole amfetamino-simili (la fenetillina), originariamente usata come medicinale (per es. nei casi di narcolessia). Nelle varie preparazioni di Captagon che girano soprattutto in Medio Oriente (per buona parte di origine siriana) la fenetillina pare sia spesso mescolata con hashish e/o caffeina. I vari siti che trattano dell’argomento naturalmente non mancano di far del sensazionalismo di dubbio gusto – “ la sostanza che toglie la paura” “la droga che rende invincibili”, “la droga che aiuta a uccidere”, “la droga che rende spietati”, “la pillola dell’orrore” e chi più ne ha più ne metta. Tra l’altro, tra gli aiuti di cui spesso si parla nei media che vengono al Califfato da varie fonti di diversi Paesi del G20 – in genere da Paesi arabi nel caso di aiuti diretti, da altri Paesi (occidentali e non) attraverso l’acquisto di petrolio e la vendita di armi con l’intermediazione di trafficanti illegali – si troverebbero anche forniture di Captagon.
Ma dov’è la novità?
E’ vecchia storia l’uso di psicostimolanti, soprattutto amfetaminici (di cui esiste ormai una sterminata varietà), da parte di combattenti, regolari o irregolari che siano, un uso spesso prescritto (e non di rado obbligatorio) come parte integrante della preparazione al combattimento. Ben documentato per esempio è l’impiego sistematico e massiccio del Pervitin (metamfetamina) da parte dei nazisti, sin dall’inizio della seconda guerra mondiale con l’attacco alla Polonia, soprattutto per i carristi – punta di lancia del Blitzkrieg – spesso costretti a lunghe tirate. (Per un commento su di un libro dedicato all’argomento, Der totale Rausch. Drogen im Dritten Reich, L’ebbrezza totale. Droghe nel Terzo Reich, di Norman Ohler, leggi qui). Ma un uso pur inizialmente più limitato di amfetaminici (soprattutto Benzedrina, Simpamina e Dexedrina, cioè amfetamina e d-amfetamina) venne fatto anche da inglesi, americani e giapponesi: per sfociare poi in una massiccia escalation nelle successive guerre dal Vietnam in poi, soprattutto tra i commando delle forze speciali e i piloti dei bombardieri con lunghe missioni (per es., andata e ritorno non stop dalle basi in USA sino all’Afghanistan).
I motivi alla radice di tali prassi?
Gli amfetaminici in primo luogo consentono agli assuntori stremati per la fatica e morti di sonno di seguitare a svolgere i loro compiti con una certa efficienza, cioè a sobbarcarsi a “tempi supplementari” altrimenti impossibili. Nelle situazioni di elevato pericolo, l’euforia che essi provocano consente di superare sia la riluttanza a compiere azioni contrarie ai più elementari principi di umanità – che si tratti di cecchinare o di infilzare un nemico o di scaricare tonnellate di bombe su civili inermi – sia la paura che regolarmente assale anche il più fiero dei guerrieri (l’irrefrenabile perdita di feci sulla linea del fuoco è assai più frequente di quanto si voglia far credere). Inoltre le azioni di guerra o di guerriglia spesso comportano lunghi tempi di attesa vigile del momento di agire o di rispondere a un attacco: situazioni non solo notevolmente stressanti, ma anche causa di un pesante tedio che non è da meno dell’affaticamento, della privazione di sonno e della paura. L’euforia amfetaminica contrasta anche questo tedio (come del resto ben sanno gli studenti impegnati nelle maratone nozionistiche dell’ultimo momento prima degli esami), un tedio che tra l’altro, provocando stati di irritazione disforica, può esser causa di turbolenti diverbi tra commilitoni proprio nei momenti più difficili, come quelli che vediamo spesso innescarsi nei film di guerra. Insomma, per chi comanda una serie di notevoli vantaggi, il prezzo intanto lo paga la carne da macello. E che prezzo! L’uso più che saltuario di amfetaminici può notoriamente provocare gravi danni sia psichici (sino alla psicosi) che fisici (soprattutto ma non soltanto a carico del sistema cardiovascolare), sui quali non serve dilungarsi in questa sede.
Una pratica che ha le sue radici in occidente.
Con l’uso di droghe da parte dei guerriglieri del Califfo giunge così al suo vertice una spirale che si è avviata nel civile Occidente già in tempi remoti, cioè almeno da quando si trovano evidenze scritte dell’uso del vino per combattere la paura da parte degli opliti dell’antica Grecia. Più vicino a noi, con lo sviluppo della moderna farmacologia, con il boom di versioni industriali sempre più nocive di droghe lecite (le sigarette al posto del tabacco da pipa o da masticare, i superalcolici), dall’uso compassionevole della morfina, in particolare nella guerra civile americana, si è passati nella prima guerra mondiale al consumo da parte dei militari di quantità prodigiose di alcolici, di tabacco e di caffè (cui va aggiunto l’uso della cocaina, anche se in genere limitato ai nostri supereroi come D’Annunzio, agli arditi e ai loro equivalenti nelle altre forze combattenti). Infine, dopo l’escalation dell’uso di amfetaminici nella seconda guerra mondiale e nei successivi conflitti, cadono nei guerriglieri fondamentalisti le ultime barriere, cioè le preoccupazioni per i danni prodotti dall’abuso delle sostanze: danni che in buona parte dei soggetti di questa nuova categoria di assuntori non trovano il tempo di prodursi, in quanto “prevenuti” dalla morte violenta.