“Più sicura dell’alcol…e del football”. In questo modo la marijuana ha fatto la sua prima apparizione all’interno del Super Bowl, l’evento sportivo dell’anno che si svolgerà domenica in New Jersey. E non lo ha fatto attraverso uno dei classici spot di un minuto per le quali le aziende spendono milioni di dollari, ma affittando un cartellone pubblicitario a due passi dal MetLife Stadium dove i Denver Broncos e Seattle Seahawks si sfideranno.
Lo spazio, pagato 5.000 dollari, è stato affittato da Marijuana Policy Project, un gruppo che si è battuto per legalizzare la cannabis in Colorado, e che ora attacca direttamente l’Nfl, la lega professionistica di football americano, per aver espresso pareri contrari alla legalizzazione della droga e all’uso della sostanza da parte dei giocatori.
Insieme alle pubblicità (ne è apparsa una anche sull’autostrada che porta allo stadio) il gruppo consegnerà una petizione alla Nfl. Il concetto è semplice: perché la lega si schiera contro l’uso di marijuana tra i suoi giocatori in stati in cui è legale (Colorado e Washington) e invece lascia che i professionisti consumino alcol?
Una questione semplice alla quale il gruppo di pressione spera di avere una risposta. O quantomeno di dare via a un dibattito. Tuttavia all’interno della vicenda c’è qualche segno di cambiamento: il commissario della lega, Roger Goodell, la scorsa settimana ha detto di essere pronto a rivedere le regole sull’uso della marijuana a scopo terapeutico in casi di contusioni e problemi alla testa, sostenendo che sia un ottimo trattamento che ha dato buoni risultati. Non solo. Il XLVIII Super Bowl sarà un palcoscenico per la marijuana (i giochi di parole e le battute sono già iniziati da settimane) visto che a sfidarsi sono le squadre di due città, Denver e Seattle, i cui stati, Colorado e Washington, hanno di recente legalizzato la sostanza per scopi ricreativi e sono i primi due a farlo negli Stati Uniti. Il nome che circola per definire l’evento sportivo è molto chiaro: quello di quest’anno sarà lo “Stoner Bowl”, il Super Bowl dei “fatti”.