NEW YORK – In autunno l’American Law Institute, un istituto giuridico molto influente composto da oltre quattromila membri tra giudici, avvocati e professori universitari, e che oltre 50 anni fa aveva creato la struttura di base del moderno sistema che regola l’applicazione della pena capitale, ha definito ufficialmente lo stesso sistema “un fallimento” e ne ha preso le distanze. Per gli abolizionisti è un passo decisivo verso la fine delle esecuzioni capitali negli Stati Uniti.
Il 23 ottobre 2009, l’American Law Institute (ALI) aveva infatti votato a grande maggioranza una sostanziale marcia indietro: con solo poche astensioni, infatti, il consiglio dell’Istituto ha ritirato una sezione del suo modello sulla pena di morte (la sezione 210.6) alla luce “degli attuali insolubili ostacoli istituzionali e strutturali, e nel tentativo di garantire un sistema più adeguato alla gestione della pena di morte”. Un compromesso, e alcuni membri avrebbero voluto che il consiglio si pronunciasse contro la pena di morte completamente. Ma un importante segnale.
Secondo quanto scrive il New York Times, il passo è “epico”. Ci sono stati infatti importanti sviluppi sulla pena capitale durante l’anno. Il numero delle sentenze è diminuito, l’Ohio ha cambiato la composizione chimica dell’iniezione letale e il Nuovo Messico l’ha definitivamente abrogata. Ma il primo segnale veramente importante verso l’abolizione è quello arrivato dall’Ali.
“L’istituto è fondamentale e molto influente” ha spiegato Franklin E. Zimring, professore di legge all’università californiana di Berkeley. “I giuristi che lo compongono sono stati fino ad oggi la sola voce intelletualmente rispettabile a supporto della pena capitale”. La retromarcia è dunque significativa. L’Ali disegnò la moderna struttura del sistema capitale nel 1962 e la Corte suprema americana ne adottò il modello quando reinstituì la pena di morte nel 1976 nel caso Gregg contro Georgia. Il modello dell’Insituto fu poi adottato da molti stati federali, compreso il Tennessee. Il tentativo dell’istituto era stato quello di gestire l’arbitrarietà delle decisione in base a una serie di attenuanti e aggravanti.
L’Ali ha fatto quindi una dichiarazione storica definendo il sistema giuridico capitale ‘fallato’. Uno studio commissionato dallo stesso istituto su decenni di sentenze ha dimostrato l’inconciliabilità tra le decisioni individuali su chi debba essere punito con la pena di morte e la giustizia alla base del sistema. L’arbitrarietà diventa così una falla impossibile da istituire a legge. Troppi elementi concorrono a rendere dispari le condizioni necessarie perché la pena capitale sia effettuata. La razza, la mediocrità di avvocati poco pagati, e il rischio di condannare persone innocenti resta ancora troppo alto.
“Gli studenti di legge dal 2010 in poi – ha detto Samuel Gross, professore di legge all’Università del Michigan – impareranno che gli stessi giudici e illustri avvocati, gli stessi che dovranno studiare e leggere ogni giorno, hanno definito il sistema di pena di morte statunitense che hanno contribuito a creare, un fallimento. Reale e morale”.