Nelle varie dichiarazioni di ieri Giovanni Serpelloni smentisce se stesso. Infatti il nostro direttore del Dipartimento Antidroga sostiene, all’AdnKronos:
“La legge Iervolino-Vassalli è stata fatta in un periodo in cui c’erano certi tipi di droga che non esistono praticamente più, in cui la percentuale di Thc nella cannabis era del 5% mentre ora siamo arrivati fino al 55%”.
Si tratta in fondo di un creativo recupero della “Teoria del 16%” (che si è meritata una voce di wikipedia) ovvero del filone proibizionista di fine anni ’80 che motivava l’accanimento nei confronti della cannabis con “l’incredibile aumento” della presenza di THC rispetto a quella dei mitici anni 60 e 70. E’ una teoria figlia della War on Drugs di Nixon e Reagan, quella stessa che spinse Craxi ad introdurre la la Jervolino-Vassalli (che, ricordiamocelo, puniva anche il consumo prima del referendum del 1993). Peccato che sia un assunto campato per aria, e smentito da tutte le statistiche sui sequestri delle forze dell’ordine, nonchè dagli studi (originale qui) sull’effettiva qualità dei cannabinoidi negli anni dei figli dei fiori.
La pervicacia di Serpelloni di riproporcela continuamente, sparando ogni volta più in alto, è davvero stupefacente. Pensate: solo 8 mesi fa (maggio 2013) per il capo del DPA il thc nella cannabis era al 46%, il 5 dicembre 2013 la percentuale era scesa improvvidamente al 45% (arrotondamento?) e casualmente il giorno della bocciatura della legge Fini-Giovanardi è salito incredibilmente al 55%: +9% in meno di un anno, arrotondamenti compresi…
Se invece andiamo a vedere i dati presentati nella sua stessa relazione annuale (2013, con dati 2012), troviamo delle sorprese. Al massimo si arriva al 27% di THC (probabilmente un hashish di buona qualità), mentre la media sulle sostanze effettivamente sequestrate si attesta intorno al 10%.
Evidentemente o Serpelloni è particolarmente fortunato, e si è ritrovato fra le mani una bottiglia di olio che non era d’oliva, oppure litiga con le sue stesse statistiche.Come vediamo poi dalla successiva figura non vi è alcuna impennata “recente”, e la qualità dei cannabinoidi è rimasta più o meno costante, e paragonabile a quella degli anni 70, dal 1% al 14% intorno al 1975. (cfr. Perry, D.C. 1977. Street drug analysis and drug use trends 1969-1975. Part II. PharmChem Newsletter Vol. 6(4): 1-3)
Non ci resta altro che augurarci che queste qualità così pregiate e fantomatiche di marijuana non siano state sperimentate in prima persona dal Dottor Serpelloni e che, preso dallo sconforto di queste, ore non le abbia passate al suo amico Carlo Giovanardi.
Sarebbe stato un inutile spreco.