La Thailandia è stato il primo paese dell’estremo oriente ad autorizzare l’uso medico di cannabis in maniera estesa nel dicembre scorso, ma il progetto va ben oltre l’autorizzazione ad un uso controllato.
Le dichiarazioni del neo Ministro alla sanità Anutin Charnvirakul seguite da quelle del Primo Ministro Prayut Chan-o-cha svelano come l’obiettivo dell’attuale governo sia quello di fare della Thailandia un paese leader al livello mondiale nella produzione e ricerca nel campo medico ed industriale della cannabis. Il clima del paese è particolarmente favorevole alla coltivazione outdoor della cannabis, e la prospettiva di un nuovo settore di sviluppo agricolo è visto come uno strumento per il miglioramento delle condizioni economiche dei numerosi agricoltori, anche medio piccoli. Nel progetto promosso dal Ministro della salute è indicata la possibilità per ogni agricoltore di stringere accordi con ospedali o centri di ricerca autorizzati per la fornitura di materia prima direttamente, il tutto sotto il controllo dell’agenzia statale di settore. È inoltre ipotizzata la libera coltivazione fino a 6 piante di cannabis a famiglia. Non è ancora chiaro se questa liberalizzazione sarà generalizzata o legata ad una licenza specifica per uso medico personale.
Di fatto l’impianto legislativo proibizionista per l’uso ricreativo al momento è rimasto invariato, ma tutti gli indicatori sembrano andare verso una facilitazione all’uso dietro una semplice autorizzazione per scopi medici. La cosa non è passata inosservata all’INCB (l’Organo internazionale per il controllo degli stupefacenti) che è intervenuto tramite l’ex Presidente Viroj Sumyai (peraltro thailandese) che lo scorso agosto non ha usato mezzi termini minacciando gravi ripercussioni nell’accesso ai farmaci per il paese in caso di legalizzazione della cannabis per uso ricreativo, e quindi in violazione dei trattati internazionali. La minaccia appare quantomeno bizzarra considerando che altri paesi come Usa e Canada ed Uruguay hanno già provveduto a regolare il mercato della cannabis anche per uso ricreativo. Pare che Sumyai, ora semplice componente del board, accortosi dell’uscita si sia affrettato a dichiarare che l’INCB ha già notificato la violazione anche ai paesi nordamericani.
In ogni caso, la volontà del governo thailandese di procedere a passo spedito per quanto riguarda gli usi medici della cannabis è stata pubblicamente certificata qualche giorno fa dal lancio – dal palcoscenico internazionale offerto dalla convention dell’Unesco sulle Città Creative – del sito governativo www.medcannabis.go.th. Nelle stesse ore il Ministro della salute ha informato che sta cercando la formulazione corretta per l’emendamento che possa permettere la coltivazione di 6 piante di cannabis a famiglia. La riforma della legislazione sulle droghe in Thailandia procede spedita, con l’augurio che possa comprendere anche una totale revisione delle pene attualmente previste per uso e detenzione.