Come convincere i coltivatori di papaveri oppiacei a coltivare qualcos’altro? La domanda è specialmente rilevante per la terra martoriata dell’Afghanistan, che conserva lo scomodo primato di maggior produttore mondiale (oltre il 90%) di oppio, la materia prima per la produzione di eroina.
Le due vie su cui Governi e organismi internazionali si sono avviati (e il problema riguarda non solo i papaveri ma anche altre piante, come in Colombia, dove ha origine l’80% della produzione mondiale di cocaina) si possono denominare: distruttiva e costruttiva. La via distruttiva è semplice: distruggere i raccolti con lanci di erbicidi o lanciafiamme.
Ed è una via perdente, perché distrugge le cose ma non gli incentivi. La via costruttiva tende invece a convincere gli agricoltori a spostarsi su raccolti leciti. Ma anche qui vi è un problema di incentivi, e a Tokyo, nel corso di una conferenza internazionale sul’Afghanistan, un rapporto congiunto della Banca mondiale e dell’inglese Department for International Development si è chinato sul problema.
L’oppio afghano è un problema particolarmente difficile da trattare, dato che si lega al finanziamento dei talebani nelle zone in cui controllano le coltivazioni. Ma questa è una ragione in più per cercare soluzioni di mercato, che non si possono evidentemente legare alla sola esortazione a sostituire i raccolti con altri cash crops. C’è bisogno, in breve, di 2 miliardi di dollari, conclude il rapporto: le coltivazioni alternative richiedono più acqua (irrigazione), strade sicure e altre infrastrutture rurali.
Il costo di meno di un mese di guerra in Iraq non sembra elevato per sottrarre al mercato mondiale dell’eroina il suo principale produttore.
Ma sono le stesse logiche di mercato, invocate per far lavorare gli incentivi, a suggerire che vi è ancora molta strada da fare. La produzione risulta da un incontro fra domanda e offerta, e se si limita l’offerta, con vie distruttive o costruttive che siano, non per questo la domanda verrà meno (e la domanda si origina principalmente nei Paesi ricchi). Lo squilibrio fra domanda immutata e offerta limitata spingerà in alto i prezzi, cambiando ancora una voltagli incentivi e alzando l’asticella dei costi necessari per spingere all’abbandono delle coltivazioni oppiacee.
Senza contare che le soluzioni di mercato mal si adattano a un contesto che non è di mercato. Sia produzione che consumo sono illegali, e il commercio di droga si svolge sotto la cupola di un immenso apparato criminale e di un altrettanto immenso (e costoso) apparato repressivo. La sola soluzione veramente di mercato sta nella liberalizzazione della droga. Ma questo è un altro problema.