Diversi Paesi latinoamericani, in prima linea nella lotta alla droga, hanno approfittato di una riunione a Vienna nella scorsa settimana per denunciare una sconfitta del metodo repressivo, e per invitare l’ONU a cambiare approccio alla questione. “Dal 1961 ci e’ stata imposta una logica, quella di controllare la cannabis con metodi da codice penale. Noi scartiamo questo approccio”, ha detto il rappresentante della delegazione uruguayana, Diego Canepa, nell’ambito della riunione della Commissione stupefacenti (CND). La strategia delle Nazioni Unite non porta a niente, secondo lui, “una spirale infinita di cicli di violenze”. L’Uruguay si e’ piazzato al centro di vive polemiche nel dicembre 2012, quando il Parlamento di Montevideo ha approvato una legge che regolamenta produzione e vendita di cannabis sotto il controllo dello Stato, una iniziativa senza precedenti nel mondo. Per l’Organo internazionale di controllo degli stupefacenti (INCB), questa decisione e’ contraria alla Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, presa di mira dalle critiche dei governi uruguayano, colombiano, messicano, guatemalteco ed equadoregno. “Le politiche sulla droga non possono procedere al ritmo del telegrafo, quando i problemi si pongono alla velocita’ di Internet”, ha detto il ministro colombiano della Giustizia, Gomez Mendez. Alla riunione di Vienna, che deve servire a preparare una sessione speciale dell’Assemblea generale dell’ONU agli inizi del 2016 a New York, il Guatemala ha reclamato “un approccio legato alla sanita’ pubblica e ai Diritti dell’Uomo”, mentre l’Equador ha rilevato come il modello che ora si sta seguendo ha 50 anni -una riduzione della produzione per fare aumentare i prezzi e scoraggiare il consumo- e non e’ efficace. L’UNODC (Ufficio delle Nazioni Unite contro droga e criminalita’), ammette lui stesso che ci sono problemi nella lotta mondiale contro la droga. Cinque anni dopo l’adozione di una Dichiarazione politica e di un Piano d’azione con l’obiettivo delle eliminazioni entro il 2019 delle coltivazioni e la domanda illecita di droga. l’UNODC ha fatto un bilancio misto di questa politica, felicitandosi del calo delle superfici coltivate di coca tra il 2007 e il 2011 (-26%), ma “il calo di produzione e domanda di droga in alcuni Paesi sono compensati dagli aumenti in altre regioni”, ha detto l’UNODC, rilevando una situazione critica della coltivazione del papavero in Afghanistan con un record di livello nel 2013.
Consumi stabili
Nel suo ultimo rapporto di giugno 2013, l’ìUNODC ha rilevato una stabilizzazione del consumo globale delle droghe tradizionali. E’ necessario che “si faccia di piu’”, poiche’ il traffico minaccia non solo la sanita’ pubblica ma anche “la stabilita’ e lo sviluppo futuro di numerosi Paesi e regioni”. L’esperienza uruguayana di un controllo di Stato della produzione di cannabis, potrebbe aprire una strada, anche se questo Paese sostiene di non voler divenire un esempio. “Noi vogliamo provare una nuova esperienza. Non vogliamo dire che l’Uruguay sia un esempio da seguire, ma per noi si tratta della risposta piu’ appropriata”, ha spiegato Canepa a Vienna. “Se tra sei o sette anni ci renderemo conto che non e’ una buona politica, la cambieremo”, ha aggiunto. In Usa, il Colorado e lo Stato di Washington hanno legalizzato il possesso di piccole quantita’ di cannabis. Per cercare di convincere l’UNODC, la posizione dei Paesi latinoamericani e’ apparsa, a Vienna, come l’occasione per alimentare un dibattito ai margini di questo continente. “Noi dobbiamo considerare e valutare i regimi alternativi che sono comparsi sugli altri continenti, in America del Nord e del Sud e in Europa, invece di limitarci a stare zitti”, ha commentato la delegazione della Repubblica Ceca.
Articolo di Redazione
Diversi Paesi latinoamericani, in prima linea nella lotta alla droga,
hanno approfittato di una riunione a Vienna nella scorsa settimana per
denunciare una sconfitta del metodo repressivo, e per invitare l’ONU a
cambiare approccio alla questione.