Scrive il professor Arlacchi che prima di esprimere luoghi comuni sul problema della droga, si farebbe bene a consultare il Report annuale dell’Unodc, l’Ufficio Onu per la droga e la criminalità (Unità, 26 giugno). Scrive ancora il professore che il Report dell’Unodc è redatto da una squadra di specialisti di alto livello che operano molto bene. Dobbiamo credergli: Arlacchi ha diretto per anni quell’ufficio e sa bene che gli esperti che vi lavorano fanno davvero miracoli poiché, partendo da dati manipolati che occultano alla fonte la realtà, cercano comunque di distillare scampoli di cifre suggestivi e verosimili. Ma quell’ufficio lo conosce a sufficienza anche Kofi Annan che dell’Onu è stato il Segretario generale per diversi anni. E Annan è uno dei componenti della Global Commission on Drug Policy, che nel suo rapporto del giugno scorso ha ripreso dallo Unodc un dato semplice ma fondamentale: i consumatori delle principali droghe sono aumentati in misura molto consistente nei dieci anni dal 1998 al 2008, in particolare i consumatori di cocaina.
Accettiamo l’invito ad approfondire la lettura dei Report dell’Unodc. Si scopre che nel 1998 era stimata una produzione mondiale di cocaina di 825 tonnellate, 360 delle quali sono state sequestrate, per cui la disponibilità di cocaina per il consumo era pari a 465 tonnellate. Nel 2008, secondo lo stesso Unodc, i consumatori mondiali sarebbero aumentati, passando da 13 milioni nel 1998 a 17 milioni nel 2008. Ma la disponibilità di cocaina per il consumo si sarebbe ridotta a sole 135 tonnellate (l’Unodc ha stimato in 865 tonnellate la produzione mondiale 2008 mentre i sequestri sono ammontati a 730 tonnellate). Dunque, ad un aumento di circa quattro milioni di consumatori, corrisponderebbe un calo di 330 tonnellate di sostanza prodotta, pari ad oltre il 70%. Curioso davvero! Nel contempo sono diminuiti i prezzi: Arlacchi spiega che sono calati perché la domanda “è rimasta costante o è diminuita” mentre “la globalizzazione dei trasporti e delle comunicazioni rendeva più facile l’accesso all’offerta”. Peccato che i rapporti Unodc diano invece la domanda in aumento. Quanto ai trasporti, forse che negli anni novanta la droga arrivava sui mercati con le barche a remi e a dorso di mulo? In ogni caso, un piccolo progresso nei trasporti e nelle comunicazioni può compensare 330 tonnellate di cocaina in meno sul mercato?
Afferma il professore che “le coltivazioni di coca sono concentrate in Colombia e in Perù”. Per essere più preciso, avrebbe dovuto scrivere che sono concentrate soprattutto in Colombia. Le statistiche dell’Unodc sulla produzione colombiana sono sempre state inficiate (a partire dalla gestione Arlacchi) da numeri inventati a tavolino. In realtà, la produzione colombiana di cocaina è enormemente superiore alle 400 tonnellate stimate dall’Unodc. Lo si deduce da un semplice calcolo: a) già i sequestri in Colombia ammontano a 250 tonnellate; b) circa 70 tonnellate di cocaina colombiana sono sequestrate annualmente a Panama e in Venezuela; c) il 90% della cocaina sequestrata lungo la rotta verso gli USA – cioè almeno 100 tonnellate – è colombiana, come riconosciuto dal Dipartimento di Stato. Siamo già oltre le 400 tonnellate di produzione colombiana stimate dall’Unodc. E’ evidente che si tratta di una deliberata quanto irresponsabile ed inquietante sottostima.
Restiamo a disposizione di Pino Arlacchi per approfondire ulteriormente i contenuti dei report dell’Ufficio Onu per la droga e la criminalità.
Articolo di Redazione
Alessandro Donati, Gruppo Abele, risponde a Pino Arlacchi per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 6 luglio 2011. Lo speciale sul traffico mondiale di cocaina su www.fuoriluogo.it.