Non tutto ciò che è legale è anche giusto. Un’ovvietà, se non altro dopo la catastrofe dei totalitarismi novecenteschi. Ma se “legalità” indica l’osservanza delle leggi positive, che cosa significa, oggi, “giustizia”? Giustizia è forse nozione relativa, diversa a seconda da dove si parla, da chi si è e vuole essere, dalle circostanze storiche, sociali, culturali in cui ci si trova? Se ne può, viceversa, cogliere un significato universale attraverso la ragione, la discussione pubblica, il dialogo dietro un velo d’ignoranza? Davvero, come sostiene per esempio Luigi Ferrajoli, Antigone e Creonte si incontrano e riconciliano nelle costituzioni europee del secondo dopoguerra?
E’ proprio Antigone a esser stata più volte, e non sempre opportunamente, invocata, come figura appunto della Giustizia contrapposta alla Legalità, nel corso delle vicende di questi ultimi mesi e anni. E pour cause: nel contesto attuale, italiano e non solo, assistiamo per un verso all’enfasi sulla legalità come legittimazione di sgomberi di edifici occupati, persecuzione e criminalizzazione della povertà e marginalità sociale, respingimenti in mare di profughi e migranti, e per altro verso alla produzione di norme positive dalla assai dubbia legittimità costituzionale. Non da ora, naturalmente, ma l’ipostatizzazione della legalità è stata una delle leve del successo della maggioranza di governo giallo-verde.
La questione viene da lontano: la legislazione d’emergenza degli anni settanta e ottanta, la stagione di mani pulite con il suo corollario di strappi alle garanzie penali e processuali, il protagonismo della magistratura inquirente hanno prodotto un senso comune schiacciato sulla logica e il linguaggio del penale e la sostituzione della politica con il diritto penale stesso, elevato a panacea di tutti i mali. Dunque, quando si esalta la legalità, lo si fa a proposito della legalità penale. Di qui, il populismo penale come ingrediente fondamentale del populismo nostrano tout court.
Esiste naturalmente un’altra legalità: quella costituzionale e quella consegnata nelle varie carte dei diritti, sia in Europa che sul piano internazionale. E’ qui Antigone? Questa è la giustizia da contrapporre alla legalità?
Osserviamo un proliferare, in Italia e altrove, di esplicite e rivendicate trasgressioni delle leggi vigenti non solo da parte di movimenti, ma anche da parte di alcune istituzioni (sindaci, governatori), nonché ad aperti richiami alla disobbedienza nei confronti di una “legalità” ritenuta contraria alla giustizia.
Siamo di fronte ad una nuova stagione di “rivolta contro il formalismo”, simile a quella che negli anni sessanta e settanta ha caratterizzato la critica del diritto positivo e ha condotto alla messa in rilievo della legalità costituzionale? Che cosa si intende dunque con giustizia? Quali definizioni e quali retoriche vengono formulate delle categorie di “legalità” e “giustizia”, con riferimento alle diverse fonti che le producono, ai diversi ambiti comunicativi’? Come le stesse vengono condizionate dagli interessi e dai conflitti in campo? Come vengono percepite e declinate nel linguaggio corrente?
Le questioni qui richiamate sono, pensiamo, di rilevanza cruciale nel contesto politico e culturale odierno, non solo italiano. E fanno riferimento, oltre che al rapporto tra politica e diritto, a quello tra stato di diritto e democrazia.
Il convegno “Legalità e giustizia” di giovedì 23 e venerdì 24 gennaio, organizzato dalla rivista Studi sulla questione criminale e dal Centro per la riforma dello stato, con l’ospitalità del dipartimento di giurisprudenza di Roma3, affronta molti di questi temi, con contributi che fanno riferimento a saperi diversi, dal diritto, alla sociologia, alla filosofia, alla criminologia critica e perfino alla storia del teatro.
Info convegno Legalità e giustizia
https://www.centroriformastato.it/giustizia-e-legalita-alla-prova-delle-disuguaglianze-il-convegno-1/