Negli Stati Uniti il dibattito sulla legalizzazione della marijuana è sempre più vivo e l’opinione dei cittadini americani sta pian piano cambiando, mentre in Gran Bretagna è stato recentemente approvato l’uso della cannabis per scopi terapeutici e la campagna è guidata da anni dal settimanale Economist, non sospettabile di estremismo fricchettone. In nessuna delle due nazioni, però, la legalizzazione della cocaina è per il momento nemmeno pensabile.
Tom Feiling, giornalista inglese, cerca di far crescere la discussione con il libro che ha da poco pubblicato negli Stati Uniti, Cocaine Nation: How the white trade took over the world, in cui espone le conclusioni a cui è arrivato dopo mesi di ricerche e studi del problema. Conclusioni che si sintetizzano così: per risolvere i problemi legati al commercio della droga bisogna legalizzare la cocaina.
Feiling ha parlato con produttori, spacciatori e consumatori di cocaina. È stato in Colombia — un posto che conosce bene, in cui ha girato Resistencia: Hip-Hop in Colombia, film vincitore di diversi premi — per studiarne la coltivazione e l’uso, seguendo i traffici di cocaina fino alle strade di New York. Come tiene a far notare nell’intervista a Salon, la sua non è una provocazione ma una proposta concreta.
Nel suo libro, Feiling scrive che in un anno gli Stati Uniti spendono 40 miliardi di dollari e arrestano un milione e mezzo di persone per una guerra alla droga di cui tre americani su quattro non approvano le modalità. Una guerra alla droga portata avanti con fermezza (ma allo stesso tempo senza risultati significativi) che ha attirato su di sé diverse polemiche, anche per i molti episodi violenti nella repressione del traffico.
In Italia, non siamo messi così meglio. Nonostante nell’ultimo anno il numero dei consumatori di cocaina sia diminuito, secondo la relazione annuale presentata la settimana scorsa dal sottosegretario Carlo Giovanardi i ricoveri in ospedale sono aumentati, e circa il 4,8% della popolazione ne ha fatto almeno una volta uso nel 2009. I motivi della diminuzione, inoltre, sarebbero legati alla crisi economica e non al funzionamento dei deterrenti penali e psicologici.
Il ragionamento di Feiling si basa su due considerazioni: il commercio illegale di droga rende più forte la criminalità organizzata (e di conseguenza più pericolose strade e quartieri) e la lotta alla droga ha fallito sempre e ovunque. Sulle controindicazioni della legalizzazione, come il possibile monopolio delle case farmaceutiche e quindi l’insufficiente controllo da parte dello Stato, Feiling si dice fiducioso che le nazioni abbiano imparato dall’esperienza tabacco: secondo lui, se si tornasse indietro nel tempo i governi non darebbero di nuovo in mano ad aziende private l’industria delle sigarette. Per quanto riguarda i rischi dell’abuso, il giornalista risponde con il più classico degli argomenti: anche l’alcool uccide. Feiling chiede di discutere sul problema a mente aperta, evitando di generalizzare con terrorismi e schematismi e distinguendo tra uso problematico e non della droga.