L’Organizzazione degli Stati Americani (OEA) ha concluso in Guatemala la sua assemblea generale trovando un accordo su una nuova tabella di marcia per lottare contro il traffico di droga, prendendo atto della sconfitta del metodo esclusivamente repressivo perorato dagli Usa; ma profonde divergenze sono presenti in merito alla depenalizzazione.
La dichiarazione finale adottata ieri sera dalle 34 delegazioni riunite ad Antigua, rileva che occorre sviluppare una strategia globale, oltre la repressione poliziesca e militare tipica dell’approccio americano dopo che l’ex-presidente Richard Nixon ha dichiarato, 40 anni fa la “war on drugs”. Un’assemblea straordinaria e’ convocata per il 2014, per meglio precisare questa tabella di marcia che coinvolgera’ il periodo 2016-2020.
“Si e’ potuto levare un tabu’ per lanciare una discussione contro le droghe con nuove proposte tese a ridurre la violenza. Ora dobbiamo andare avanti con tempi molto piu’ concreti”, ha detto alla stampa Otto Perez, presidente di destra del Guatemala. Promotore di una depenalizzazione delle droghe, l’ex-generale ha detto che questa idea sta avanzando, ma deve ancora essere analizzata. La nuova politica deve prendere in considerazione i diritti umani, la sanita’ pubblica, l’educazione e l’integrazione sociale, nonche’ azioni preventive contro il crimine organizzato.
Nel corso dei due gironi di dibattito, le delegazioni hanno discusso su un rapporto commissionato dall’OEA sulle risposte da dare alla violenza che sconvolge l’America Latina, dove si producono le droghe (cocaina e marijuana essenzialmente) che sono poi consumate quasi esclusivamente in Usa. Le differenze di approccio sono venute alla luce. “Coloro che vedono le droghe come un piacere non hanno consapevolezza della sofferenza che esse provocano alle nostre popolazioni”, ha detto il ministro degli Affari esteri del Salvador, Hugo Martinez. Il rappresentante del Nicaragua, Denis Moncada, ha qualificato come ignominia l’eventuale depenalizzazione, mentre il ministro degli Affari Esteri di Panama, Fernando Nunez ha ugualmente affermato che questa opzione “renderebbe ancora piu’ grave la situazione”. Dalla parte opposta, a seguito delle proposte del Guatemala, si trova per esempio l’Uruguay, dove si sta per legalizzare la coltura e la vendita di cannabis, mentre altri Paesi stanno andando verso una depenalizzazione dell’uso personale (Argentina e Brasile). Altri dirigenti o ex-dirigenti latino-americani, oltre a organizzazioni internazionale di difesa dei diritti umani, sono ugualmente a favore di questa proposta, vista come un mezzo per riprendere un mercato oggi nelle mani dei narcotrafficanti. Gli Usa vi si oppongono fortemente e ritengono che ogni tipo di approccio non possa rinunciare completamene alla repressione. La delegazione guidata dal segretario di Stato John Kerry lo ha ribadito, pur dicendosi aperta al dialogo. Il ministro degli Affari Esteri della Bolivia, David Choquehuanca, ha fustigato la sconfitta del modello americano che nel suo Paese colpisce i coltivatori di coca, pianta tradizionale locale ma ugualmente prodotta come base per il confezionamento di cocaina. Il suo omologo colombiano ha fatto appello per una politica globale, basate su responsabilita’ comuni e condivise tra Paesi produttori, consumatori e di transito. “La violenza associata al traffico di droga si nutre di elementi (…) tipici del capitalismo”, ha detto il ministro venezuelano degli Affari Esteri, Elias Jaua, che ha criticato Washington per il sostengo che da’ alle politiche antidroga della regione.
Si tratta della prima volta che i Paesi latino-americani prendono seriamente in considerazione di modificare la strategia degli Usa, che ha investito molti mezzi materiali e finanziari per cercare di eradicare le produzioni. Nel solo Messico, le violenze legate al narcotraffico hanno causato la morte di 70.000 persone dal 2006, e circa 20.000 ogni anno in America Centrale, dove si rileva il piu’ alto tasso al mondo di omicidi per abitante. “Il prezzo che pagano i Paesi di transito e’ ingiusto e intollerabile. I nostri governi sono stati sopraffatti”, ha dichiarato il ministro honduregno degli Affari Esteri, Mireya Aguero. Il segretario generale dell’OEA, José Miguel Insulza, ha fatto presente che il cambiamento di strategia e’ piu’ urgente in America centrale, dove transita il 90% della cocaina consumata in Usa.