Tempo di lettura: 4 minuti

RAMPPotrebbe sembrare una bislacca applicazione della par condicio sotto l’effetto di cannabis il dare spazio, oggi, al fronte repubblicano dopo avere, la settimana scorsa, approfondito quanto avvenuto durante la Convention Democratica a Philadelfia ma non è così. La notizia maggiormente degna di nota proveniente da Oltreoceano riguarda proprio i Repubblicani. Un sondaggio registra per la prima volta come la maggioranza dei sostenitori repubblicani abbia cambiato opinione sulla legalizzazione e regolamentazione della cannabis ed oggi la sostenga.

Il sondaggio, realizzato da YouGov, dimostra che “le ultime rilevazioni mostrano come la maggioranza degli Americani sostengano la legalizzazione della marijuana e questo sostegno è cresciuto ancora, seppur leggermente, nell’ultimo anno passando dal 52% di dicembre 2015 al 55% attuale. Tale incremento è dovuto principalmente al cambio di opinione degli elettori Repubblicani che, per la prima volta, tendono a sostenere la legalizzazione. 45% i favorevoli e 42% i contrari”.

rep-grafico-legalizzazione-marijuana
Questo dato storico è ancor più “pesante” in quanto l’establishment repubblicano è stato sempre e ferocemente contrario ad ogni forma di alleggerimento della normativa sulle droghe, battendosi sempre contro la legalizzazione della marijuana nelle consultazioni referendarie al punto tale che l’approccio alla cannabis è uno di quei valori caratterizzanti l’essere repubblicani e distintivi rispetto ai Democratici.

Ma il cambiamento è in atto anche su questo fronte. Donald Trump, lontano anni luce dalla dirigenza del Partito Repubblicano, si è espresso a favore dell’uso medico della cannabis e sulla regolamentazione statale è stato molto soft, a dispetto della nomenklatura repubblicana.

gopIl cambiamento in ambito repubblicano è in atto dall’inizio del 2014 quando un’analisi sull’elettorato di riferimento segnalava come i millenials, i giovani nati tra il 1981 ed il 1996, fossero largamente favorevoli alla legalizzazione (63%). A differenza dell’elettorato democratico, la cui opinione favorevole alla legalizzazione risulta sostanzialmente omogenea tra le diverse generazioni, in campo repubblicano balzava all’occhio la contrapposizione generazionale: di fronte ad un 63% di favorevoli tra i giovani, si contrapponeva l’83% dei nati prima del ’45 ed il 62% di chi era nato entro il 1960. In questi due anni, è accaduto che il dibattito nazionale e le evidenze dei buoni risultati ottenuti dalla regolamentazione della cannabis in Colorado, Washington ed Oregon abbia spostato anche l’opinione pubblica repubblicana, soprattutto le fasce adulte, su posizioni più possibiliste al punto che, e per la prima volta nella Storia, la maggioranza degli elettori repubblicani vede di buon occhio la legalizzazione.

Sempre in merito al dibattito avvenuto in campo repubblicano in questi ultimi anni, vi è da ricordare le prese di posizione in controtendenza di qualche esponente influente: Rand Paul ed il Governatore del Kentucky, Matt Bevin, sono su posizioni antiproibizioniste così come la nascita, ad inizio 2014 dell’associazione Republicans Against Marijuana Prohibition. La National Review, la rivista di riferimento del conservatorismo statunitense, già nel 2014 ha contribuito ad innescare il dibattito interno ospitando forum di discussione e sostenendo le posizioni di chi condivideva le iniziative di regolamentazione della cannabis. Scriveva, infatti, la National Review:

Indipendentemente dal fatto che uno accetti l’applicazione del principio della libertà individuale alla legalizzazione della marijuana, le conseguenze di ciò paiono convincenti. Questo perché la storia della proibizione della marijuana è stato un catalogo di compromessi mai vantaggiosi: miliardi in spese per l’applicazione della legge e centinaia di migliaia di arresti ogni anno in un infruttuoso tentativo di controllare una sostanza per lo più benigna il cui utilizzo è ancora molto diffuso nonostante i nostri energici tentativi per vietarla. Creiamo un sacco di criminali prevenendo solo una piccola parte del crimine, e facciamo una gran quantità di danni nel tentativo di cercare di evitare un’attività che presenta poco o nessun male in sé e per sé.
La vittoria non è nelle entrate fiscali ottenute, ma nelle perdite evitate. Un gran numero di persone eviteranno di essere condannate per reati di lieve entità e tali condanne penali spesso hanno conseguenze molto più gravi che la marijuana stessa. L’attività di polizia contro gli spacciatori è stata sostituita con l’attività relativamente semplice della loro regolamentazione. L’ impresa criminale ha perso la sua ragion d’essere, almeno per quanto riguarda il mercato del Colorado.

Forse la cosa più importante è il segnale che gli americani riconoscono ancora alcune limitazioni all’ingerenza dello Stato.  Il desiderio di dissuadere si è tramutato troppo facilmente in desiderio di criminalizzare, così come il desiderio di suggerire può degenerare nel desiderio di imporre. Forse è un po’ deprimente che tra tutte le attività del governo tra cui scegliere, è l’erba che ha l’attenzione della nazione, ma resta una vittoria comunque.

Queste tendenze sono di buon auspicio per le consultazioni referendarie pro legalizzazione di Novembre, quando gli elettori di Nevada, Maine, California, Massachusset ed Arizona saranno chiamati ad approvare o meno la legalizzazione, regolamentazione e tassazione della marijuana nei rispettivi stati.

Forse il muro del proibizionismo sta sgretolandosi definitivamente.