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Questo articolo, pubblicato in versione originale in spagnolo su Animal Político, è stato adattato e tradotto in italiano a cura di Massimo Barzizza per Puntodincontro.mx.

Fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria causata dalla pandemia di Covid-19 sono state diffuse raccomandazioni a livello internazionale, regionale e nazionale sulle azioni da intraprendere in diversi contesti di privazione della libertà, sostenendo, tra l’altro, l’utilizzo di misure alternative alla prigione, il rilascio di determinati profili e la liberazione immediata delle persone detenute arbitrariamente. In quest’ultimo caso, non ci riferiamo solo alle persone private della libertà nelle strutture correzionali, ma anche di quelle che si trovano in centri di trattamento per “tossicodipendenti”(1).

In Messico, la maggior parte dei centri residenziali per la cura contro le “dipendenze” sono privati e quelli per le persone a basso reddito sono comunemente chiamati anexos.

Partendo principalmente da un’indagine promossa dall’organizzazione femminista EQUIS Justicia para las Mujeres incentrata su adolescenti e donne di questi centri che fanno uso di droghe —i cui progressi sono stati pubblicati da Puntodincontro— sappiamo che la mancanza di accesso ai servizi e alle strutture sanitarie di base, l’isolamento forzato e indefinito, le punizioni corporali e psicologiche, il cibo in cattive condizioni e l’abuso sessuale sono alcune delle realtà che caratterizzano il funzionamento quotidiano e sistematico di questi complessi, in un regime di totale impunità.

Nel 2012, diverse agenzie delle Nazioni Unite firmarono la dichiarazione congiunta Compulsory drug detention and rehabilitation centres, in cui i Paesi con tali centri (2) vennero invitati a chiuderli e rilasciare immediatamente le persone che vi erano detenute. Ciononostante, ad oggi continuano a funzionare senza essere sottoposti al monitoraggio delle Nazioni Unite o di altre organizzazioni multilaterali.

La pandemia di Covid-19, senza dubbio, può aggravare la situazione di vulnerabilità delle persone che si trovano in questi centri. Ad esempio, gli anexos —generalmente di natura religiosa— sono spesso sistemazioni che non consentono di mantenere le misure di distanziamento fisico necessarie per affrontare la pandemia e che promuovono pratiche che aumentano il rischio di contagio, come uscire per strada a chiedere soldi, un’attività conosciuta in Messico con il nome di botear. Questi anexos sono spesso punti ciechi di fronte all’autorità competente, poiché la stragrande maggioranza non possiede un registro ufficiale ed opera in modo completamente clandestino.

Dinanzi alla crisi sanitaria, è indilazionabile garantire i diritti delle persone detenute in questi centri, in particolare il loro diritto alla salute. Per questo motivo,

  • chiediamo il rilascio immediato di coloro che sono detenuti nei centri residenziali per il trattamento delle “dipendenze” contro la loro volontà.
  • Insistiamo sulla necessità di chiudere i centri che operano illegalmente e di procedere giudizialmente contro gli arresti arbitrari e gli altri crimini commessi contro le persone che si trovano in questi complessi.
  • Chiediamo alla Comisión Nacional contra las Adicciones, alla Commissione nazionale per i diritti umani e alle commissioni statali, ai ministeri della Salute, al DIF nazionale, ai sistemi DIF statali e municipali, nonché alle altre entità responsabili, di garantire che i centri registrati e riconosciuti dispongano delle misure sanitarie e igieniche necessarie per affrontare la pandemia e per assicurarsi che non vi siano interni contro la loro volontà.

Sebbene la crisi causata da Covid-19 imponga una sfida per tutti, vengono poco riconosciuti gli impatti differenziati che avrà su persone e gruppi di popolazione diversi. È importante, quindi, ricordare le persone private della libertà nei diversi centri di detenzione. Per tutte loro, come abbiamo sottolineato, le autorità devono agire tempestivamente e in modo coordinato. Se ciò non dovesse succedere, i rischi, la violazione dei diritti, l’emarginazione e la vulnerabilità che devono affrontare in questi contesti finiranno per approfondirsi.

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1 Il termine corretto è: uso non regolato di droga o uso problematico di droga.

2 L’esistenza di centri di detenzione forzata non è una realtà esclusiva in Messico. Altri Paesi in cui questa pratica è stata documentata includono: Brasile, Colombia, Repubblica Dominicana, Guatemala, Porto Rico, Iran, Cina, Cambogia, Vietnam, Malesia, Tailandia, Indonesia, Russia, Perù, Ghana, Guatemala e Nigeria.