Appena l’uno per cento dei messicani vittime di reati puó sperare di ottenere giustizia e riparazione per i danni subiti: lo afferma, in un rapporto speciale sulla sicurezza pubblica, la Commissione nazionale dei diritti umani (Cndh) constatando che il 99% dei crimini commessi nel paese restano impuniti “per la mancata applicazione della legge”.
In un momento in cui il Messico vive un’ondata di violenza collegata al narcotraffico inedita per brutalità e portata – con quasi seimila omicidi e almeno un migliaio di sequestri registrati dall’inizio dell’anno – il dispiegamento di 36.000 militari incaricati di vigilare nelle aree piú calde del paese, secondo la Commissione, risulta inoltre inefficace “perche’ proprio nelle città presidiate dai soldati si registrano i livelli piú alti di criminalità”.
La massiccia presenza dei militari nei centri abitati, disposta dalla fine del 2006 dall’amministrazione del presidente Felipe Calderon, “mette a rischio le libertà individuali dei cittadini”, aggiunge – secondo quanto riferisce l’agenzia Misna – l’organismo che ha documentato casi di tortura, stupro ed esecuzioni arbitrarie di civili a carico delle truppe anti-droga. La Commissione esorta perció il governo ad acconsentire che i soldati accusati di simili reati siano sottoposti alla giurisdizione dei tribunali civili e a fissare un calendario per il loro ritiro.