E’ sempre piu’ guerra aperta in Messico fra il governo ed i potenti ‘Cartelli’ dei narcotrafficanti che, nell’intento di assicurarsi il controllo del territorio, causano decine di vittime ogni giorno e non esitano ad utilizzare ingenti somme di denaro per assicurarsi complicita’ in istituzioni ed organismi pubblici, messicani e perfino statunitensi.
Ed proprio nell’ambito di una ‘Operazione Pulizia’ avviata mesi fa, e’ emerso che una delle famiglie piu’ potenti dei narcos, i Beltran Leyva, e’ riuscita negli ultimi anni ad infiltrare propri uomini nella Procura della Repubblica, nell’Esercito, nonche’ nell’ufficio messicano della Dea e negli organici dell’ambasciata degli Stati Uniti a Citta’ del Messico.
La stampa dedica pagine e pagine all’operazione, sia alle dichiarazioni del Procuratore generale della Repubblica, Eduardo Medina, riguardanti l’arresto di una trentina di ufficiali della Vice-Procura dell’indagine specializzata in delinquenza organizzata (Siedo).
Questo organismo ha perso di colpo il suo secondo (Miguel Colorado) e terzo (Fernando Rivera) massimo responsabile, che hanno ammesso di aver ricevuto somme di 150-450 mila dollari al mese per collaborare con i Beltran Leyva.
Per quanto riguarda invece l’Esercito, il generale Roberto Aguilera Olivera, che pareva avesse lottato in modo efficace contro i Cartelli di Sinaloa e del Golfo tanto da meritarsi il posto di addetto militare in Argentina, e’ stato di colpo spinto a chiedere il pensionamento.
E’ emerso infatti che dalla direzione sotto la sua responsabilita’ vi furono ‘fughe di informazioni’ che frustrarono operazioni dirette a catturare Joaquin ‘El Chapo’ Guzman, leader del Cartello di Sinaloa e forse il narcotrafficante piu’ potente del mondo.
Come se non bastasse, un pentito che ora e’ a disposizione della Procura messicana e di cui si conosce il nome in codice, ‘Felipe’, ha rivelato che i fratelli Beltran Leyva sono riusciti a piazzare uomini fidati nell’ufficio della Dea e nell’ambasciata degli Stati Uniti.
Secondo il quotidiano El Universal, peraltro, il Centro nazionale anti-terrorismo statunitense (Nctc) ha gia’ avviato una indagine approfondita sulle infiltrazioni di organismi statunitensi in Messico.
Resosi conto della drammaticita’ della situazione al momento di assumere l’incarico l’1 dicembre 2006, il presidente Felipe Calderon non esito’ a gettare nella mischia 35 mila uomini dell’Esercito, dispiegati negli Stati settentrionali, al confine con gli Stati Uniti, dove piu’ forte e’ la pressione dei ‘Cartelli’ messicani e di conseguenza il fenomeno di corruzione delle forze dell’ordine e degli organismi pubblici.
Questa pressione militare non ha impedito pero’ che nei quasi due anni di presidenza Calderon, quasi 4.500 persone siano morte in modo violento, in un macabro scenario quotidiano di massacri di persone incolpevoli, cadaveri torturati e carbonizzati e teste mozzate, spesso collocate in frigoriferi portatili e accompagnate da minacciosi messaggi.