Il Messico “non e’ pronto” per vincere la battaglia contro i gruppi di narcottrafficanti a causa della loro capacita’ di resistere alle operazioni effettuate dalle forze dell’ordine.
Lo rivela il primo rapporto dell’Osservatorio politico dell’America Latina e del Caribe, secondo il quale una delle sfide che dovra’ affrontare il governo dev’essere quella di evitare le infiltrazioni dei membri delle forze dell’ordine nei gruppi criminali e intercettare le spie. Nonostante cio’, dallo studio emerge il buon operato del governo del presidente Felipe Calderón, che ha sempre condotto una “guerra aperta” al narcotraffico, battaglia che l’anno scorso ha portato agli arresti dei capi di tre principali gruppi di trafficanti.
MESSICO, PARTITO VERDE A FAVORE REINTRODUZIONE – E’ sempre aperta in Messico la discussione sulla introduzione della pena di morte per i responsabili di sequestri che uccidano le loro vittime, proposta che nel paese latinoamericano e’ sostenuto tra gli altri anche dal Partito verde, il Pvem.
‘Il nostro paese si trova in una seria crisi sul fronte della sicurezza e la gente vuole risposte ferme, non possiamo ignorare che un settore importante della societa’ e’ a favore della reintroduzione della pena di morte’, ha sottolineato Gloria Lavara, capogruppo al parlamento del Pvem (Partito verde ecologista del Messico).
La formazione ecologista ha ottenuto in Parlamento il sostegno di altre tre partiti chiave, il Pan (Partito di Azione Nazionale, al governo), il centrista Pri (Partito rivoluzionario istituzionale), e il Prd (Partito della rivoluzione democratica), al fine di organizzare una serie di ‘forum discussioni’ in ambito parlamentare sulla possibilita’ di applicare la pena capitale – che e’ proibita dalla Costituzione – contro i sequestratori che uccidono le loro vittime.
Sul tema si e’ piu’ volte pronunciata la Chiesa cattolica: il cardinale Norberto Rivera ha qualche settimana fa rifiutato con fermezza la pena di morte.
Il 2008 e’ stato l’anno record per le morti violente in Messico, oltre il doppio rispetto all’anno precedente, frutto degli scontri fra bande di narcotrafficanti e fra queste e le forze dell’ordine. Secondo fonti non ufficiali, a fronte di 2.221 morti nel 2006 e 2.561 nel 2007, le vittime della violenza sono schizzate lo scorso anno a 5.620.
PER CONTO NARCOS HA DISCIOLTO 300 CADAVERI IN ACIDO – Un malavitoso al soldo dei narcotrafficanti messicani ha ammesso di aver disciolto nell’acido almeno trecento cadaveri nell’arco di una decina di anni: l’uomo, Santiago Meza, con la sua macabra confessione ha cosi’ fornito un’ulteriore conferma dei livelli di brutalita’ ai quali si e’ spinta la guerra tra bande rivali in Messico, che miete ormai diverse centinaia di morti ogni anno. Originario di Guamachil, nello Stato nord-occidentale di Sinaloa, Meza era detto anche ‘el Pozolero’, cioe’ ‘colui che prepara lo stufato’, e lavorava per Teodoro Eduardo Garcia Simental alias ‘el Teo’, boss di una fazione scissionistica del famigerato cartello diretto dai fratelli Arellano Felix.
Insieme a tre complici e’ stato catturato da unita’ speciali dell’Esercito due giorni fa a Ensenada, cittadina situata nei pressi di Tijuana, nella Baja California, a un’ottantina di chilometri dalla frontiera con gli Usa. Mostrato ai giornalisti, ha dichiarato che il suo compito consisteva appunto nel far sparire ogni traccia degli avversari o dei debitori dei suoi mandanti: le vittime, ha precisato, erano gia’ state uccise prima di essergli affidate; a lui spettava solamente infilarne i resti in fusti metallici e immergerli nella soda caustica. Per quel lavoro riscuoteva un ‘salario’ settimanale di 600 dollari. “Mi portavano i corpi e io semplicemente me ne sbarazzavo”, ha tagliato corto. “Non provavo un bel niente”. Come base operativa ‘el Pozolero’, 45 anni, si serviva di un cantiere abbandonato alle periferia di Tijuana, dove soltanto l’anno scorso a causa dei regolamenti di conti tra ‘narcos’ hanno perso la vita piu’ di settecento persone. I cadaveri impiegavano in media 24 ore per sciogliersi, ma ne rimaneva sempre qualcosa, e allora Meza provvedeva a disfarsene gettando le spoglie in un pozzo. In effetti la polizia, che ritiene il malvivente abbia detto la verita’, ha rinvenuto a varie riprese scheletri calcinati nei dintorni della citta’. “Possano perdonarmi” ha comunque concluso Meza, con riferimento alle vittime, prima di essere riportato dagli agenti in carcere.