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Trionfa Enrique Pena Nieto in Messico, riportando dopo 12 anni il Partito Rivoluzionario Istituzionale al potere.
La sua elezione alla presidenza, confermata oggi dai dati quasi finali del riconteggio dei voti, pone adesso al dirigente del partito di centro il problema di dimostrare che il dinosauro della politica messicana che ha governato per quasi tutto il XX secolo e’ ora capace di rispondere alle sfide di un Paese segnato da un crisi economica grave e una spirale di violenza, legata alla guerra ai cartelli del narcotraffico, senza precedenti nella storia.
‘Siamo una nuova generazione’, ha detto Pena Nieto nel suo primo discorso da vincitore delle elezioni di domenica, aggiungendo che ‘non ci sara’ un ritorno al passato: il mio governo ha proiettato la sua visione verso il futuro, verso un Messico di grandezza e speranza che tutti vogliamo e al quale tutti aspiriamo’.
Il presidente eletto ha sottolineato che la sua sara’ un’amministrazione ‘efficace, onesta e trasparente’, che cerchera’ ‘la riconciliazione nazionale’, dimostrando di essere ‘moderna e responsabile, aperta alla critica e disposta ad ascoltare e tenere in conto il parere di tutti’. E ha fissato le sue due principali priorita’: la costruzione di ‘una economia di mercato rinnovata con senso sociale, che generi occupazione e distribuisca la ricchezza’; e una lotta ai ‘narcos’ nella quale non ci saranno ne’ patti ne’ tregue’.
Gli analisti concordano nel valutare che i due principali motivi della sconfitta del Partito di Azione Nazionale (Pan, destra), che ha governato il paese durante 12 anni – prima con Vicente Fox e dopo con Felipe Calderon – sono la situazione economica depressa del Messico, in una America Latina segnata da un forte dinamismo, e la militarizzazione della guerra ai narcos, che ha causato circa 60 mila morti in sei anni senza risultati di rilievo nella lotta contro i cartelli della droga.
Durante la sua campagna elettorale, Pena Nieto ha lanciato come principale promessa economica la creazione di un sistema di welfare accessibile a tutti i messicani, che includerebbe copertura medica, indennizzi per i disoccupati e un sistema di pensionamento, che secondo gli esperti costerebbe circa 60 miliardi di dollari. Mentre nel campo della lotta ai narcos il neo presidente ha brandito la proposta di una gendarmeria federale, sul modello della Guardia Civil spagnola, e il reclutamento di Oscar Naranjo, il militare colombiano celebre per aver arrestato Pablo Escobar, il mitico boss del cartello di Medellin.
Il presidente dovra’ pero’ anzitutto, come rivelano i termini del suo primo discorso post elettorale, dimostrare con i fatti che il suo Pri non e’ il Pri del passato, segnato spesso e volentieri dalla corruzione, il malaffare e la contiguita’ con il crimine organizzato: Pena Nieto si e’ guadagnato una reputazione di pragmatismo durante il suo mandato a capo dello Stato del Messico, il piu’ popoloso del Paese, ora dovra’ confermare che l’innovazione che dice di incarnare non e’ solo cosmetica.
Per farlo, oltre alle sue iniziative in materia economica e di lotta ai narcos, dovra’ gestire con abilita’ le due prime grane che gli arrivano da sinistra, dove il candidato progressista Andres Manuel Lopez Obrador non ha ancora ammesso la sua sconfitta – come era successo sei anni fa, dopo l’elezione di Calderon – e la galassia di giovani ‘indignados’ riunita intorno al movimento ‘#YoSoy132′ che ha gia’ indetto due marce di protesta, denunciando “gravi brogli’ alle urne