Dodici marinai cinesi sono stati uccisi la scorsa settimana sul fiume Mekong, al confine tra la Birmania e la Thailandia, nel famigerato “Triangolo d’oro”, in un attacco che le autorità di Bangkok attribuiscono a narcotrafficanti birmani, e che ha spinto ieri sera Pechino a esortare i due Paesi del Sud-est asiatico a fare di piú per garantire la sicurezza della navigazione nell’area.
L’omicidio dei 12 marinai, uccisi con colpi di arma da fuoco dopo essere stati bendati e con le mani legate, risale a mercoledí 5 ottobre; le due imbarcazioni su cui viaggiavano sono state attaccate – secondo il racconto di alcuni marinai che hanno assistito alla scena da una barca vicina – da un gruppo di otto uomini armati.
L’esercito thailandese ha recuperato i corpi tra venerdí e sabato nella città portuale di Chiang Saen. In precedenza, dopo uno scontro a fuoco con i presunti assalitori, i militari avevano ritrovato 900 mila pillole di metanfetamine sulle due imbarcazioni sequestrate. Un comandante regionale ha dichiarato al quotidiano “Bangkok Post” che l’attacco è probabilmente opera di una gang di etnia Shan (maggioritaria nel territorio birmano a nord della Thailandia) nota per estorcere denaro alle imbarcazioni di passaggio, impadronendosene per i suoi traffici.
Dopo che la sua produzione di oppio è stata debellata negli anni Novanta da un’efficace politica di repressione, il “Triangolo d’oro” – un’area di rigogliosa giungla tra Thailandia, Birmania e Laos – si è rilanciato negli ultimi anni come centro di produzione di droghe sintetiche, producibili a basso costo e fatte entrare di contrabbando in Thailandia, dove rappresentano un crescente problema sociale.