91529. Sono i morti in Messico legati al narcotraffico negli ultimi 10 anni. Un numero impressionante, abbondatemente superiore ai morti della guerra in Afghanistan iniziata da Bush Jr, per intenderci.
Il 2016 ha visto un ritorno ai livelli record dei primi anni di questa decade: 10967, come ha riportato lunedì il quotidiano Milenio.com che tiene una statistica aggiornata delle violenze legate al crimine in Messico.
Sul sito potete anche vedere una infografica con il conto delle vittime e la loro localizzazione geografica.
Narcotraffico: in 7 stati il 60% delle vittime
Guerrero, Chihuahua, Michoacán, Estado de México, Guanajuato, Sinaloa y Veracruz sono gli stati dove si è ucciso di più nel corso del 2016.
Guerrero in particolare conta oltre 1800 vittime e per il secondo anno consecutivo guida la triste classifica della violenza legata al narcotraffico in Messico.
Aguascalientes, Campeche, Nayarit, Tlaxcala e Yucatán sono invece gli stati più sicuri con poche decine di morti a testa.
Lo stato con più morti dal 2007 resta Chihuahua, terra di frontiera e di morte, il cui conto è arrivato con il 2016 a 21.112 omicidi, un quarto di quelli registrati in tutto il paese.
Il paradosso di una guerra inutile
Dati che non impressionano solo per la loro dimensione, ma anche per l’assurdità di una war on drugs che continua ad essere combattuta nonostante la palese inefficacia della repressione sul mercato delle droghe illecite. Una guerra al narcotraffico ancor più paradossale se si pensa che nel paese capofila della War on Drugs oramai 8 stati hanno legalizzato anche l’uso ricreativo della cannabis, compresa la confinante California.
L’augurio per questo 2017 è che la richiesta di una riforma delle politiche globali sulle droghe, che arriva con forza proprio dai paesi latino americani (Messico, Guatemala e Colombia in testa), possa trasformarsi in realtà dopo gli asupici, disattesi, di UNGASS 2016.