Dire che si tratta di detenuti che amano la prigione in cui scontano la propria pena è forse eccessivo ma insomma… Chi “abita” a Bastoey, infatti, è ben contento e a dirlo sono le cifre: la maggior parte dei detenuti che avrebbero potuto ottenere una riduzione della pena non l’ha fatto. L’isola felice è davvero un’isola e si trova in Norvegia, in un fiordo a circa 75 chilometri a sud di Oslo. Bastoey è diventata negli anni un esempio internazionale di rieducazione ma aspira anche a diventare un modello di “prigione ecosostenibile”: ha dato il via all’installazione di pannelli solari, il riciclo è una priorità e il cibo, per lo più coltivato direttamente dai detenuti e rigorosamente biologico, è anche venduto ad altre prigioni. Il bestiame, cioè pecore, mucche e galline, è guardato a vista dai detenuti. Ci sono anche cavalli a Bastoey ma servono soltanto per fare sport o come supporto nei lavori pesanti. La prigione senza sbarre è insomma autosufficiente e mantenuta quasi esclusivamente dai detenuti stessi, tant’è vero che le guardie sono poche e alla sera se ne contano solo quattro per tutti i 115 detenuti…e non portano con sé armi. Un bel traguardo, celebrato a fine agosto dal ministro della giustizia norvegese, Knut Storberget.
Ora non si pensi che a Bastoey arrivino persone colpevoli di reati minori. Tutt’altro: ci sono soprattutto assassini, stupratori e trafficanti di droga. Eppure ognuno di loro, una volta entrato a Bastoey, sembra cambiare, come contagiato dagli influssi positivi di un mondo diverso. Sarà che la pena per chi tenta la fuga e poi viene trovato funge da ottimo deterrente: si viene trasferiti in un carcere molto meno bucolico.