CATANZARO – “Continuavano con il lancio di oggetti, io ho gridato che avrei sparato. Poi ho sparato in aria. Due colpi, tutti e due in aria”. E sul selciato rimase Carlo Giuliani, colpito in testa dal proiettile. E’ quanto racconta in una lunga intervista al quotidiano Calabria Ora, Mario Placanica. L’ex carabiniere accusato e poi prosciolto per la morte di Giuliani avvenuta durante il G8 di Genova, descrive in modo parzialmente nuovo quelle drammatiche ore del 20 luglio 2001.
Placanica ricostruisce così una tra le pagine più nere della storia d’Italia. Dall’arrivo a Genova: “I superiori ci dicevano di stare attenti, ci raccontavano che ci avrebbero tirato le sacche di sangue infetto. Ci dicevano di attacchi terroristici. La sensazione era come se dovessimo andare in guerra”.
Un clima che generò violenze continue. Poi arrivò piazza Alimonda, il Defender con a bordo Placanica che resta intrappolato e accerchiato dai manifestanti: “Ci hanno lasciato soli, ci hanno abbandonato. Potevano intervenire perchè c’erano i carabinieri e anche gli agenti della polizia. Potevano fare una carica per disperdere i manifestanti e invece non hanno fatto niente. Quel momento è durato una vita”. E tornano alla mente le immagini di un plotone dei carabinieri fermo a poca distanza dalla jeep attaccata.
Poi la morte di Giuliani. Al rientro di Placanica in caserma, i colleghi “mi hanno fatto una festa, mi hanno regalato un basco del Tuscania, ‘benvenuto tra gli assassini’, mi hanno detto. Si, erano contenti. Dicevamo Morte sua vita mia, cantavano canzoni. Hanno fatto una canzone anche su Carlo Giuliani. Io ero assente, non volevo stare con nessuno, mi sentivo troppo male”.
Poi il processo. Che, però, non fuga tutte le ombre e si conclude con l’assoluzione del militare: il colpo è stato deviato da un sasso. Una carambola mortale che sarebbe costata la vita a Giuliani. “Sono stato un capro espiatorio usato per coprire qualcuno. Le porte sono chiuse per Placanica. Però se vengo congedato per problemi psichici chi mi crede” continua l’ex carabiniere.
A distanza di cinque anni dalla morte di Giuliani, Placanica ritiene di essersi trovato in “un ingranaggio più grande di me. Ero nel posto sbagliato, non si potevano mandare ragazzi inesperti e armati in quella situazione”. Molti gli interrogativi che si pone l’ex carabinieri: “Secondo me sul G8 non è stata detta tutta la verità. Ci sono troppe cose che non sono chiare, come ad esempio: perchè alcuni militari hanno ‘lavorato’ sul corpo di Giuliani? Perchè gli hanno fracassato la testa con una pietra? Ritengo che cremare il corpo di Giuliani sia stato un errore, forse si sarebbe potuto scoprire di più. Sono alla ricerca della verità. Come fanno a dire che l’ho sparato in faccia. Non è vero. E’ impossibile. Non potevo colpire Giuliani. Ho sparato sopra la ruota di scorta del Defender”.
Una versione che, riferisce il ‘Quotidiano della Calabria’ sarebbe circolata anche “negli ambienti del Viminale” dove ieri si parlava di un “colloquio confidenziale” dello stesso Placanica.
Le parole di Placanica provocano l’immediata reazione di Rifondazione comunista. Il segretario Franco Giordano chiede una commissione d’inchiesta sul G8. Mentre la madre di Carlo, Heidi Giuliani senatrice di Rifondazione, commenta: “Vorrei che Placanica venisse messo sotto protezione. ‘Spero che la magistratura apra immediatamente un’inchiesta e che la verità venga ristabilita in un tribunale”.
E lo stesso Placanica accoglie con favore la proposta di Rifondazione di una commissione d’inchiesta: “Ben venga, sarebbe l’ occasione per fare luce su quello che è accaduto quel giorno”, spiega in un’intervista al network della sicurezza GrNews.it. “Attualmente sono disoccupato – spiega Placanica – e non posso rientrare nelle forze di polizia, come invece mi farebbe piacere. L’ Arma dei Carabinieri mi ha usato e poi cestinato”.
Sulla richiesta dei protezione avanzata dalla senatrice Haidi Giuliani, madre di Carlo, Placanica dice di non sapere “se attualmente sono in pericolo….”.