ULTIM’ORA: Ha vinto il SI con il 50,66%. I conteggi di mercoledì sera danno 89,320 voti a favore e 87,341 contrari, pur se mancano ancora i ballot dei militari e residenti esteri. I risultati finali verranno certificati il 16 maggio. Denver diventa così la prima città Usa a depenalizzare uso, possesso e coltivazione personale dei funghi contenenti psilocibina.
Oggi martedì 7 Maggio gli elettori Denver, in Colorado, voteranno sul referendum per la depenalizzazione di uso, possesso e coltivazione a scopo personale dei funghi psicoattivi, cioè contenenti psilocibina. La “Initiated Ordinance 301” propone di considerare bassa priorità ogni procedimento penale a carico di maggiorenni coinvolti in queste attività sul territorio della città e della contea di Denver. Non si tratta di legalizzare la vendita o il commercio dei “funghetti magici”, bensì di consentirne l’uso esclusivamente in ambito privato e personale per chi ha almeno 21 anni. Prevista anche l’istituzione di un apposito “comitato di revisione della policy” per studiare e informare sugli effetti di quest’eventuale decisione.
È questo il primo traguardo di una campagna che aveva preso avvio due anni fa, guidata da una coalizione denominata Decriminalize Denver, ma a inizio 2018 la Commissione Elettorale aveva respinto il testo del quesito referendario (ballot). Testo che poi è stato interamente riscritto dopo ampie consultazioni con esperti, avvocati e attivisti, riprendendo la formulazione che portò al “Sì” del referendum sulla decriminalizzazione totale della cannabis risalente al novembre 2012, mentre quella terapeutica era passata addirittura nel 2000. Come già per il movimento pro-cannabis, il Colorado si conferma così il maggior traino progressista per le politiche sulle droghe in Usa e continua a fare da apripista mondiale per analoghe aperture a sostegno della scienza e della medicina psichedelica.
Comunque andrà, si tratta di un altro evento storico, trattandosi della prima municipalità americana che punta a dare una possente spallata al Controlled Substances Act voluto da Richard Nixon nel 1971, e poi recepito dai singoli Paesi nel resto del mondo. Gli psichedelici e la marijuana sono tuttora inclusi nella classificazione più restrittiva, la Tabella I (nessun valore terapeutico, forte rischio d’abuso, pene draconiane per l’uso ricreativo). Per aggirare il blocco proibizionista, l’esempio del Colorado ha già innescato ulteriori repliche a livello locale. In Oregon è in corso la raccolta firme per porre nella tornata elettorale del novembre 2020 un ballot mirato a regolamentare l’uso dei funghetti in cliniche convenzionate dietro ricetta medica, mentre in Iowa il repubblicano Jeff Shipley ha presentato due proposte di legge per eliminare la psilocibina dall’elenco delle sostanze vietate e per legalizzarne l’uso terapeutico. Senza dimenticare che in California l’anno scorso l’iniziativa per presentare un simile referendum non ha raggiunto le firme necessarie, ma è certo che appena possibile gli attivisti ci riproveranno.
Questa serie di potenziali riforme legislativi sulle sostanze psicotrope poggia soprattutto sull’abbondanza di studi e ricerche emersi negli ultimi anni sull’efficacia della psilocibina per curare casi acuti e resistenti di depressione, una malattia che si stima oggi colpisca a vari livelli il 10-15 per cento della popolazione adulta globale. Inoltre, nel 2016 un’analisi comparativa di tutti i test clinici (oltre 150) sugli psichedelici apparsi nelle riviste specializzate dal 1995 al 2015 ha rivelato che psilocibina, Lsd e ayahuasca sono “utili strumenti farmacologici per il trattamento di tossicodipendenza, ansia e disturbi psicologici, specialmente in casi resistenti ai comuni farmaci”.
Né va dimenticata il ricorso alquanto diffuso, specialmente in Nord-america, delle microdosi psicoattive: l’assunzione di una dose minima (un decimo di quella normale) di sostanza psicoattiva, con netta preferenza per la psilocibina, appunto. Pratica in crescita soprattutto tra i business professional, i dirigenti creativi e negli ambienti cultural-artistici, come pure per l’autocura di alcuni disturbi mentali e per toccare sprazzi di ricerca interiore, in maniera analoga a certe sostanze nootrope. Il tutto basato sulla massima autogestione, a partire dalla coltivazione casalinga dei suddetti “funghetti” fino a specifici siti web e affollati forum online. Anche qui non manca il pieno supporto della scienza, dai protocolli messi a punto oltre 10 anni fa dal ricercatore californiano James Fadiman fino a una prima serie di studi ad hoc e altre indagini di larga scala ora in corso a cura della Beckley Foundation e dell’Imperal College londinesi. Un quadro in pieno sviluppo e dalle forti potenzialità: regolamentare, anziché insistere con un’impossibile repressione, è la soluzione migliore per far circolare maggiori informazione, condividere pratiche sicure e dare impulso alla ricerca scientifica.
Tornando infine allo storico referendum di Denver, per l’occasione si è tenuta anche la prima mondiale del documentario DOSED, centrata su una donna iper-depressa e vicina al suicidio che ritrova se stessa grazie a sessioni a base di funghetti e ibogaina con l’assistenza di un uno psicoterapeuta underground. La pellicola propone anche interviste con ricercatori ed esperti di questo emergente campo medico, tra cui Gabor Maté (medico canadese specializzato in traumi e dipendenze), Rosalind Watts (psicologa presso l’Imperial College di Londra) e Rick Doblin (direttore della Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies, MAPS). Importante testimonianza di informazione e approfondimento in tema, DOSED verrà presto diffuso sul circuito internazionale, a partire da festival in programma a San Francisco e Melbourne.
Un altro utile filmato centrato sui positivi effetti della psilocibina per la depressione è Magic Medicine (disponibile online a pagamento sulla piattaforma video Vimeo). Il regista inglese Monty Wates ha avuto accesso al primo test clinico conclusosi nell’autunno 2017 sotto l’egida di Robert Carhart-Harris, responsabile dell’unità Psychedelic Research presso l’Imperial College. Un gruppo di 19 volontari affetti da severa depressione resistente agli odierni psicofarmaci ha assunto due dosi di psilocibina (10 e 25 milligrammi) in aggiunta a varie sedute psicoterapeutiche, con risultati assai promettenti. Il documentario segue per oltre 4 anni il percorso personale di tre volontari, fornendo un ritratto intimo e articolato della sofferenza causata dalla severa depressione resistente agli odierni psicofarmaci, nonché delle potenzialità della ricerca psichedelica e dell’impegno pionieristico dello staff medico. Da segnalare infine che analoghi test clinici ma di portata ben più estesa, con oltre 400 pazienti in Usa ed Europa per un arco di 12-18 mesi, sono in fase di preparazione a cura di COMPASS Pathways, avendo già ottenuto la designazione di “breakthrough therapy” da parte della FDA statunitense.