MADRID – Persino la colombiana Madame Roxy, che secondo il best-seller «Prepago» ha fornito in 20 anni di attività 5 mila modelle e attrici per le orge dei boss della cocaina di Cali e Medellín, ci rimarrebbe di stucco: due tra le più famose e contese star di Hollywood, la messicana Salma Hayek e la spagnola Penélope Cruz, quando nel 2004 girarono il western rosa «Bandidas», furono ospitate per ben due mesi da uno dei più pericolosi e ricercati padrini dei narcos messicani, Sergio Villareal Barragán, detto El Grande e King Kong per la sua statura,due metri, e la sua mole, 115 chili. Non solo: almeno Salma, compagna dell’imprenditore francese della moda François-Henri Pinault, partecipò, nella tenuta del mafioso, anche a 4 maxi-feste che terminarono all’alba. La clamorosa notizia, in un Paese ove la guerra scatenata dai 30 mila soldati del presidente Felipe Calderón contro i trafficanti di droga ha già registrato quest’anno la cifra di 1500 morti (2994 nel 2007), ove gli ammazzati e decapitati dallo stragismo criminale vengono filmati e poi messi su YouTube, è caduta come una bomba. Non solo per la celebrità delle due sventole latine, da sempre molto intime, ma anche per il tema della pellicola. Sara (la Hayek), ricca aristocratica, si unisce alla contadina María (la Cruz) per lottare contro spietati gangster che rubano le terre e ammazzano chi si oppone.
Vinceranno naturalmente le due eroine, che per la bisogna rapinano banche, sparano e uccidono i cattivi. «Un capo e due bandite», titolava ieri scandalizzato, a tutta pagina, «El Universal», il più importante giornale del Paese, da sempre in prima linea contro una criminalità che è diventata più pericolosa dei cartelli colombiani,facendo da pipe-line per far entrare la cocaina (più eroina e allucinogeni vari) negli Stati Uniti. Lo scoop di El Grande anfitrione delle due attrici nella sua reggia di Peña del Águila, a Durango, è basato su testimonianze di pentiti (oggi protetti) raccolte dalla Siedo, la Dia messicana. Ma c’è un’altra confessione, sempre frutto di rivelazioni davanti alla magistratura, che getta una luce sinistra su Salma, 41 anni, l’orgoglio nazionale per essere una messicana famosa in tutto il mondo (e notissima anche per essere figlia di un politico-businessman e di una cantante d’opera): «L’attrice rimase a dormire a Peña del Águila in occasione della presentazione di un suo film a Durango». Di più: la star nominata all’Oscar nel 2003 per «Frida» aveva sempre una scorta di almeno quattro gorilla (la Cruz no) e la villa che ospitava le due «bandidas» era costantemente controllata da vigilantes. «Pensavamo che fosse per evitare i paparazzi», dice una giornalista che cercava invano di avvicinarsi. Per «El Universal», El Grande, 39 anni, ex agente federale fino a quando passò dall’altra parte della barricata, è il luogotenente dei fratelli Beltrán Leyva, capi del cartello di Juárez, uno dei tre più importanti e presenti in 21 Stati federali su 32. Per il settimanale «Processo», invece, il capo della mafia del Messico centro-settentrionale è proprio El Grande. Dal 2003 controlla il suo impero (vende all’ingrosso la neve a 13 mila dollari al chilo e la mafia azteca ne trasporta tonnellate ogni anno negli States).
L’ultima esecuzione che ha ordinato il padrone di Peña del Águila è dell’8 maggio scorso, quando ha fatto freddare nientemeno che Edgar Millán, commissario capo della Sicurezza Regionale della polizia federale. Ma King Kong, che si è fatto fare la liposuzione per cambiare aspetto ed essere un po’ meno riconoscibile, ha tra i suoi assi nella manica la sua conoscenza con i terrificanti Zetas, l’esercito mercenario dei narcos i cui capi sono stati addestrati nella famosa e sinistra Escuela de las Américas di Panama, ove l’esercito statunitense ha insegnato l’anti-guerriglia a tutte le forze armate latino-americane. Un corpo speciale preparatissimo che passò armi e bagagli ai boss della droga e che semina il terrore e che si permette persino il lusso, come è avvenuto lo scorso aprile a Nuevo Laredo, di invitare con un gigantesco striscione stradale i militari spediti da Calderón a disertare per diventare anche loro sicarios. Indicavano persino il salario offerto: 500 dollari, una fortuna da quelle parti. Mentre le Bandidas giravano il loro film (molto biasimato dalla critica, con recensioni del tipo «Salma e Penélope insultano il western»), tutt’attorno gli sgherri del boss facevano la guardia con i loro lussuosissimi Hummer 2, Porsche Boxter, Mercedes.
Intanto, su YouTube e nelle discoteche di Durango, erano gettonatissimi due narcocorridos (ballate popolari sui narcos) in cui si esaltano le «virtù» di Villareal Barragán: la sua vita di poliziotto corrotto, di narcotrafficante senza scrupoli che si è costruito una fortuna, di sicario (e di grande amante di donne bellissime). Ma non è ancora finita: mentre le attrici tacciono, una giornalista che seguiva «Bandidas» assicura che in una delle quattro feste sarebbe morto un assistente alla produzione, ufficialmente poi deceduto per infarto a Città del Messico.