La legge Fini-Giovanardi continua a perdere pezzi quasi ogni volta che viene sottoposta al giudizio di legittimità di fronte alla Corte Costituzionale. Questa volta è l’articolo 75 bis della legge fortemente voluta da Carlo Giovanardi a cadere sotto la scure dei giudici delle leggi. Sulla falsariga della precedente sentenza 32/2014, che di fatto reintrodusse per la parte penale le previsioni della Jervolino-Vassalli, in particolare per quello che riguarda la distinzione fra sostanze con la reintroduzione della cannabis in tabella separata, venerdì la Corte Costituzionale ha depositato le motivazioni sulla illegittimità costituzionale dell’articolo 75bis del Dpr 309/90 sulle droghe.
Di fatto la Corte con la sentenza 94/2014 cancella l’intero articolo 75bis che prevedeva l’inasprimento delle sanzioni amministrative, con la previsione di ulteriori sanzioni erogabili dal Questore nel caso di soggetto “già condannato, anche non definitivamente, per reati contro la persona, contro il patrimonio o per quelli previsti dalle disposizioni del presente testo unico o dalle norme sulla circolazione stradale, oppure sanzionato per violazione delle norme del presente testo unico o destinatario di misura di prevenzione o di sicurezza“. Spariscono quindi l’obbligo di presentarsi almeno due volte a settimana presso il locale ufficio della Polizia di Stato o presso il comando dell’Arma dei carabinieri territorialmente competente, l’obbligo di rientrare nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, entro una determinata ora e di non uscirne prima di altra ora prefissata, il divieto di frequentare determinati locali pubblici, il divieto di allontanarsi dal comune di residenza, l’obbligo di comparire in un ufficio o comando di polizia specificamente indicato, negli orari di entrata ed uscita dagli istituti scolastici e il divieto di condurre qualsiasi veicolo a motore. Queste sanzioni potevano essere comminate per non oltre due anni, e la loro violazione comportava l’arresto da 3 a 18 mesi.
Secondo la Corte, relatrice Cartabia (giudice relatore anche della sentenza 32/2014), “le considerazioni sviluppate con la citata sentenza n. 32 del 2014 – che hanno indotto questa Corte a censurare la disomogeneità delle disposizioni aggiunte dagli artt. 4-bis e 4-vicies ter rispetto all’originario decreto-legge – valgono anche per la disposizione oggi censurata di cui all’art. 4-quater” della legge Fini-Giovanardi che ha introdotto l’articolo 75 bis. Infatti per i giudici costituzionali “l’art. 4 dell’originario testo del decreto-legge contiene, pertanto, norme di natura processuale, attinenti alle modalità di esecuzione della pena, il cui fine è quello di impedire l’interruzione dei programmi di recupero dalla tossicodipendenza” mentre “la disposizione di cui all’art. 4-quater, oggetto del presente giudizio e introdotta dalla legge di conversione, prevede anche norme a carattere sostanziale, del tutto svincolate da finalità di recupero del tossicodipendente, ma piuttosto orientate a finalità di prevenzione di pericoli per la sicurezza pubblica.” La Corte conclude che “l’esame del contenuto della disposizione impugnata denota, pertanto, la palese estraneità delle disposizioni censurate, aggiunte in sede di conversione, rispetto ai contenuti e alle finalità del decreto-legge in cui sono state inserite, in modo da evidenziare, sotto questo profilo, una violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. per difetto del necessario requisito dell’omogeneità, in assenza di qualsivoglia nesso funzionale tra le disposizioni del decreto-legge e quelle introdotte, con emendamento, in fase di conversione” determinando quindi l’illegittimità dell’art. 4-quater del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 .