Allucinogeni per curare la depressione. LSD, MDMA (MetilDiossiMetaAnfetamina) o, addirittura, la psilocibina, la molecola alluginogena contenuta nei ‘funghi magici’ usate come ‘psicoterapia psichedelica’ per curare la depressione, la cefalea a grappolo ed anche i disturbi ossessivi compulsivi. Questa la nuova frontiera che gli scienziati stanno esplorando: l’uso controllato delle droghe psichedeliche, la cui applicazione clinica fu sperimentata per la prima volta nelle cliniche svizzere negli anni 70, per aiutare i pazienti terminali e migliorare la qualità della loro vita.
In particolare la psilocibina si è dimostrata molto promettente nel trattamento sintomatico di malati oncologici, mentre l’MDMA, ovvero principio attivo dell’Ecstasy (XTC) sintetizzata per la prima volta nel 1912, viene sperimentata per alleviare stress e disturbi derivanti grossi traumi. Prima che queste sostanze allucinogene diventassero popolari negli anni 60 e fossero demonizzate come simbolo di contro-cultura, erano già considerate un’obiettivo sperimentale per lo studio del cervello: per aiutare i neuroscienziati a capire la natura della coscienza, come il cervello lavora e come si instaurano le dipendenze da droga ed alcool.
Secondo quanto riferisce il giornale britannico “The Guardian” in un lungo articolo che raccoglie la testimonianza di Rick Doblin, presidente della MAPS (Multidisciplinary Association of Psychedelich Studies) inizierà presto in Svizzera la sperimentazione clinica di queste sostanze. Otto persone riceveranno una dose di 200 microgrammi di LSD, una quantità sufficiente per indurre potenti esperienze psichedeliche, simili a quelle che si avrebbero comprando una dose da uno spacciatore, mentre altri quattro soggetti riceveranno una quantità considerevolmente minore di droga, pari a 20 microgrammi.
Nessuno, nè volontari, nè medici saprà chi ha preso la dose ridotta e chi quella piú forte. Per tutto il tempo della terapia i ricercatori dovranno valutare i livelli di ansietà dei pazienti, la loro qualità di vita e l’intensità dei dolori. Si è, invece, già, conclusa con buoni risultati una sperimentazione con la psilocibina all’ Harbor-Ucla Medical Centre su pazienti oncologici terminali. Secondo Charles Grob, psichiatra che ha coordinato lo studio, questa sostanza è potenzialmente molto adatta a capire la mente umana. Sugli effetti della psilocibina Roland Griffiths del Johns Hopkins School of Medicine, Baltimora Maryland, ha recentemente pubblicato uno studio condotto su 36 volontari in buona salute tra i 24 e i 64 anni, ai quali è stata somministrata la droga per 14 mesi. Alla fine della sperimentazione, il 58% dei volontari ha dichiarato che si è trattato di una delle esperienze piú significative della loro vita, il 67% l’ha considerata tra le cinque maggiori esperienze spirituali, e il 64% ha dichiarato che la psilocibina ha migliorato il loro senso di benessere e di soddisfazione.
Gli scienziati ormai sanno come queste sostanze allucinogene, LSD, mescalina (principio attivo di un tipo di cactus Lophophora Williamsii) e la psilocibina, agiscono nel cervello,legandosi ai recettori della serotonina, un neurotrasmettitore responsabile di molte attività cerebrali, ma non sanno ancora come inducono gli stati di alterazione della coscienza, della percezione e come influenzano l’umore che tipicamente si manifesta durante il classico ‘trip’ allucinogeno.
Secondo gli scienziati, malgrado ci sia il timore che queste sostanze possano indurre stati di psicosi, se somministrate sotto controllo medico e con tutte le precauzioni sono abbastanza sicure e utili per studiare i loro effetti sul cervello e che si sono tradotti in un manuale pubblicato recentemente sul Journal of Psychopharmacology. Effetti, dicono i ricercatori, che non sono tossici e che, virtualmente, non portano alla dipendenza, a volte, peró, possono causare psicosi in persone che hanno storie familiari di disturbi mentali. Il pericolo piú grande, tuttavia, è quello di procurarsi danni fisici da soli sotto l’effetto degli allucinogeni, credendo, ad esempio, di saper volare