Prosegue lo sciopero della fame ‘a staffetta’ lanciato dal garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze, Franco Corleone, per denunciare il grave sovraffollamento nel carcere fiorentino di Sollicciano.
Hanno aderito finora alla protesta, che dovrebbe andare avanti fino a Natale, il consigliere comunale di Firenze Stefano Di Puccio (gruppo misto), oggi al settimo giorno di sciopero, don Alessandro Santoro, Giancarlo Scheggi dell’associazione radicale Andrea Tamburi, l’avvocato Nicola Federici ed Eros Cruccolini, capogruppo in Palazzo Vecchio di Sinistra Ecologia Libertà.
Il carcere di Sollicciano si trova da tempo in una situzione di insostenibile sovraffollamento: a fronte di una capienza regolamentare di 497 detenuti, è stata superata la soglia di 1.000 presenze, per la precisione siamo a 1040 più 4 bambini.
“Speriamo di ottenere obiettivi minimi – ha dichiarato Franco Corleone – come la costituzione da parte della Regione di un ‘Tavolo’ per la riforma del carcere e per la valutazione della sanità carceraria, presenze sotto quota mille a Sollicciano, il ripristino integrale della scuola in carcere e ‘la garanzia’ dell’esame in Senato del ddl sulle ‘Disposizioni relative all’esecuzione a domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno’.
Alcune richieste dovrebbero ricevere attenzione anche dal Comune di Firenze, dato che un anno fa, come ricordato da Ornella De Zordo nell’ultima seduta, il consiglio aveva approvato una mozione proposta dal gruppo perUnaltracittà in cui si impegnava ad attivarsi per migliorare la vivibilità del carcere. Tra queste, l’individuazione di strutture per le persone in permesso o in semilibertà che devono pernottare fuori, dopo la chiusura di Santa Teresa e di quella di via Santa Caterina, ma anche la riapertura della seconda cucina di Sollicciano (da regolamento ce ne vorrebbero 5, invece ce n’è una sola, con conseguente pessima qualità del cibo), e pure la “maggiore utilizzazione del Giardino degli incontri, anche con iniziative promosse dal Comune che dovrebbe farne quello per cui era stato pensato da Michelucci, cioè il punto di incontro fra il carcere e la città”.