La questione della prova della guida in stato alterato per uso di cannabis è da sempre un tema molto dibattuto, sia in regimi proibizionisti che oggi negli stati che hanno regolato legalmente l’uso ricreativo della cannabis. Se il tema per i primi è che l’utilizzo dei test sulle strade spesso si tramuta in mera repressione di persone che hanno assunto cannabis anche a distanze di giorni, per i secondi è parso invece importante, una volta legalizzato, individuare valori limite di presenza di THC nel sangue – al pari dell’alcol – per capire quando far scattare le sanzioni. Ma la scienza non sembra essere d’accordo con questa impostazione.
Come ben sappiamo i metaboliti del THC rimangono molto a lungo nel corpo umano, addirittura per alcune settimane, e da sempre anche in Italia si contestano metodi di rilevazione come i test delle urine e del capello, che appunto non sono idonei a verificare l’uso recente di cannabis e quindi essere prova di guida in stato alterato. A differenza dell’alcol, la cui presenza nel sangue a certi valori può essere correlata ad uno stato di alterazione, sulla cannabis si stanno moltiplicando gli studi che invece provano che la presenza di THC nel sangue non possa essere considerata di per sè prova di stato alterato al momento del prelievo.
Uno studio tedesco, pubblicato sull’International Journal of Legal Medicine ha infatti simulato le performance alla guida di 15 persone dopo aver consumato 3 sigarette contenenti cannabis in predeterminate dosi. Secondo gli autori i soggetti manifestavano cambiamenti nelle prestazioni di guida, come maggiori problemi nelle prove a zig zag e incapacità di compensare eventi imprevisti, per un periodo di tre ore dopo la somministrazione di cannabis. Passate le tre ore, le prestazioni e lo stile di guida dei soggetti non differivano significativamente dalle prestazioni di base, pur presentando nel sangue THC.
I ricercatori non hanno poi identificato alcuna “correlazione affidabile” nella quantità totale di cannabis consumata dai partecipanti e le loro concentrazioni di THC nel sangue subito dopo, indicando “una variazione considerevole” nella biodisponibilità del THC a seconda del soggetto analizzato. Gli autori non sono riusciti a riportare alcuna relazione affidabile tra i livelli di THC dei conducenti e le prestazioni. Hanno concluso: “coerentemente con gli studi precedenti, non è stata trovata una correlazione diretta tra l’idoneità individuale alla guida (quantità di punti di penalità) e le concentrazioni di THC… Pertanto, determinare un limite di soglia per scopi legali basato solo su questi valori sembra essere arbitrario”.
Le loro conclusioni sono simili a quelle di numerosi altri studi che hanno scoperto che i livelli ematici di THC non sono adeguati a provare problemi alla guida. Se è vero questo, è anche vero che in qualunque modo si possano percepire gli effetti, è innegabile che l’uso di cannabis immediatamente prima di mettersi al volante può mettere in pericolo se stessi e gli altri e per questo va accuratamente evitato. Ed è altrettanto vero che in caso di controllo da parte delle forze dell’ordine, se si viene sottoposti ad un qualunque test antidroga, bisogna sempre ricordarsi di chiedere di essere visitati da un medico che possa certificare il proprio stato fisico al momento del controllo.
[Fonte NORML]