Lo scontro sulla canapa a livello globale infuria, come si sa, sin dal meeting di Vienna dell’aprile del 2003: la riunione della Cnd (Commission on Narcotic Drugs, l’organismo di indirizzo politico dell’Onu) vide allora contrapposti i paesi “duri” (Stati Uniti in testa) alla gran parte di quelli europei, accusati di seguire politiche “morbide”.
Pochi invece sanno che nella stessa primavera del 2003, Antonio Costa, direttore dell’agenzia Onu sulle droghe (Unodc), ha fatto pressione affinché l’Oms non inoltrasse alla medesima Cnd una raccomandazione per “declassificare” il dronabinolo, una variante sintetica del tetraidrocannabinolo (Thc), il principale principio attivo della canapa.
Seguendo il parere della più alta autorità sanitaria del mondo, il dronabinolo dovrebbe essere spostato dalla tabella II della Convenzione Onu sulle droghe del 1971 alla tabella IV, quella soggetta ai minori controlli, dove sono classificate le sostanze di cui si riconosce il valore terapeutico (“da piccolo a grande”), a fronte di un rischio minore per la salute pubblica. Insomma, proprio nei mesi in cui l’Unodc rilanciava l’allarme canapa, accusata di essere una droga “pesante”, alla pari di eroina e cocaina, un’altra agenzia Onu, l’Oms, invitava a spostare i principi attivi della canapa (il dronabinolo e tutte le varietà stereochimiche dei cannabinoidi) fra le sostanze ritenute meno rischiose. Nessuna meraviglia che Antonio Costa abbia cercato di seppellire la raccomandazione in un cassetto.
Pochissimi ancora ricordano che la vicenda della declassificazione del dronabinolo inizia nel lontano 1982, su richiesta degli Stati Uniti, per sommo paradosso. Che a guardar bene non è poi tanto un paradosso, visto che il dronabinolo è commercializzato negli Stati Uniti col nome di Marinol. Onde sarebbe proprio il caso di dire che ubi maior (la legge del mercato), minor cessat (la war on drugs).
Ricostruiamo per ordine l’intera vicenda, cominciando dai criteri di composizione delle tabelle delle Convenzioni Onu. La classificazione delle droghe è particolarmente complessa, poiché le sostanze psicoattive messe al bando hanno perlopiù una (notevole) efficacia terapeutica, come nel caso degli oppiacei, dunque si tratta di bilanciare i costi-benefici delle varie sostanze, optando per controlli più o meno rigidi. Per di più, sia la convenzione del 1961 che quella del 1971 hanno una specifica classificazione delle droghe, con relative tabelle, il che aumenta la confusione sotto il cielo della burocrazia Onu.
Col varo della Convenzione del 1971, il Thc era stato incluso nella tabella I, dove si trovano le sostanze ritenute di nessun valore terapeutico (o assai limitato), a fronte di un rischio particolarmente serio per la salute pubblica. Ma già nel 1982, come ricordato, gli Stati Uniti chiedevano di rivedere la sua collocazione. Il comitato di esperti dell’Oms, nello stesso anno, pur riconoscendo l’utilità medica del Thc nel combattere la nausea nei pazienti sottoposti a chemioterapia, dichiarava tuttavia di non avere informazioni sufficienti in proposito, e si pronun- ciava per il mantenimento del Thc nella tabella I. Nel 1988, il governo degli Stati Uniti tornava all’attacco, chiedendo di declassificare alla tabella II tutti i delta-9-tetraidrocannabinoidi, anche se la documentazione presentata riguardava solo il dronabinolo. Questa volta il comitato dell’Oms dava parere favorevole al trasferimento, ma la pratica si bloccava per l’opposizione della Cnd.
La palla tornava così all’Oms, che nel settembre 1990 riesaminava la questione, suggerendo di nuovo la declassificazione del dronabinolo: stavolta la Cnd dava il via libera, alla 34a sessione del 1991.
Per comprendere tali contorcimenti, occorre tenere a mente che il dronabinolo (il cannabinoide sintetico contenuto nel Marinol) non è altro che (per usare le parole del comitato Oms) «il principio attivo della canapa che è in grado di produrre gli stessi effetti della pianta»: perciò, ragionano gli esperti, in via di principio «c’è probabilità di abuso tale da costituire un problema di salute pubblica». Da qui la cautela dell’inizio, vinta però in seguito dalla considerazione che il rischio di diversione del Marinol sul mercato illegale non sarebbe particolarmente serio, «alla luce delle massicce quantità di canapa a basso costo presenti sul mercato illegale» (27a riunione del Comitato degli Esperti). Come dire: il farmaco ha le stesse caratteristiche della droga, ma siccome è assai più costoso della canapa illegale… non c’è pericolo di abuso: per questo basta e avanza il mercato illegale!
Si giunge così agli ultimi pronunciamenti. Nel 2001 il comitato Oms riesamina la questione, sulla base delle nuove indicazioni terapeutiche per il trattamento dell’anoressia e della perdita di peso nei pazienti con Aids. Nel settembre 2002, si pronuncia per lo spostamento nella tabella IV, riconoscendone l’utilità medica, a fronte del fatto che «l’abuso delle preparazioni a base di dronabinolo è quasi inesistente».
A parte le umoristiche notazioni sulle «probabilità di abuso», resta il fatto che l’Oms prende atto del valore medico della canapa, per un numero crescente di disturbi. Un bell’impiccio per i guerrieri globali e nostrani.