Fumare una sigaretta appositamente preparata per contenere 0,4 mg di delta-tetraidro-cannabinolo (THC) per Kg di peso corporeo del fumatore riduce la performance in vari test di competenza neurocognitiva e psicomotoria, quelli che sono generalmente considerati predittivi della capacità di svolgere mansioni importanti sotto il profilo della sicurezza: la guida di automezzi, l’uso di macchinari, eccetera. Nei consumatori “pesanti”, tuttavia, un tale deterioramento non si verifica, cioè si è sviluppata una tolleranza. Lo si è visto più volte nell’animale di laboratorio, lo ha ora verificato una ricerca minuziosamente progettata e scrupolosamente condotta da un gruppo olandese e tedesco – altrimenti non sarebbe stata pubblicata nella più nota e accreditata rivista internazionale di psicofarmacologia (non trattandosi, si potrebbe maliziosamente aggiungere, di un campo che possa interessare qualche sponsor di Big Pharma) (Ramaekers et al, Psychopharmacology DOI 10.1007/s00213-010-2042-1).
La tolleranza al THC non si accompagna a una analoga tolleranza agli effetti avversi di dosi di alcol capaci di produrre tassi ematici di 0,5-0,7 mg/ml; e inoltre i soggetti tolleranti al THC non risultano “vaccinati” contro il potenziamento degli effetti dell’alcol da parte dello stesso THC. In altre parole, se un consumatore incallito si fa una canna prima di mettersi alla guida, non dovrebbe succedere niente; ma se si fa una canna e trinca anche moderatamente, può diventare un pericolo pubblico. Si noti, per incidens, che le dosi di alcol suscettibili di ridurre le performance sono uguali o di poco superiori a quelle ammesse dal nostro codice della strada, salvo i casi speciali di “tolleranza zero” (il limite in molti altri paesi è assai più basso); e questo, a parte le critiche di noti esperti alla pericolosa sopravvalutazione delle virtù dell’etilometro, il quale spesso produce risultati che fanno a pugni con quelli più affidabili della misura del tasso alcolico nel sangue.
Ovviamente se parliamo di questi dati non è per promuovere l’uso “pesante” di cannabis o di qualsiasi altra sostanza psicoattiva, lecita o illecita che sia (ma probabilmente non mancheranno le accuse dietrologiche di proselitismo). Ciò che preme di sottolineare è che tali risultati portano un altro duro colpo al valore e al significato dei tanto strombazzati test per la ricerca della cannabis nei liquidi biologici. Infatti è proprio nei consumatori più incalliti che si troveranno i più elevati tassi ematici di principi attivi – per il cumulo delle dosi assunte e solo lentissimamente metabolizzate: una singola dose può lasciar tracce per settimane – e allo stesso tempo il minimo di effetti avversi dopo una dose. Quindi è per altre vie, cliniche e altre, che vanno accertate le reali condizioni di un sospetto di condotte pericolose causate dall’assunzione di droghe, soprattutto nel caso della cannabis.
Infine una “interrogazione” più che ragionevole alle superiori autorità. Se un gruppo di ricercatori italiani esperti in materia (e ne abbiamo più d’uno) richiedesse a chi di competenza le autorizzazioni e i fondi per una ricerca come questa – cioè una ricerca di notevole rilievo sia sul piano conoscitivo che su quello delle ricadute operative – quale risposta riceverebbe? Elementare, Watson, nessuno neanche ci prova; prima bisogna migrare, come le pecore e i pastori di Gabriele d’Annunzio.
Abstract dell’articolo originale prepubblicato online, ripreso da Psychopharmacology – DOI 10.1007/s00213-010-2042-1
ORIGINAL INVESTIGATION
Tolerance and cross-tolerance to neurocognitive effects of THC and alcohol in heavy cannabis users
Johannes G. Ramaekers & Eef L. Theunissen & Marjolein de Brouwer & Stefan W. Toennes & Manfred R. Moeller & Gerhold Kauert
Received: 13 July 2010 / Accepted: 1 October 2010
Abstract
Introduction Previous research has shown that heavy cannabis users develop tolerance to the impairing effects of ?9-tetrahydrocannabinol (THC) on neurocognitive functions. Animal studies suggest that chronic cannabis consumption may also produce cross-tolerance for the impairing effects of alcohol, but supportive data in humans is scarce.
Purpose The present study was designed to assess tolerance and cross-tolerance to the neurocognitive effects of THC and alcohol in heavy cannabis users. Methods Twenty-one heavy cannabis users participated in a double-blind, placebo-controlled, three-way study. Subjects underwent three alcohol-dosing conditions that were designed to achieve a steady blood alcohol concentration of about 0, 0.5, and 0.7 mg/ml during a 5-h time window.
In addition, subjects smoked a THC cigarette (400 ?g/kg) at 3 h post-onset of alcohol dosing during every alcohol condition. Performance tests were conducted repeatedly between 0 and 7 h after onset of drinking and included measures of perceptual motor control (critical tracking task), dual task processing (divided-attention task), motor inhibition (stop-signal task), and cognition (Tower of London).
Results Alcohol significantly impaired critical tracking, divided attention, and stop-signal performance. THC generally did not affect task performance. However, combined effects of THC and alcohol on divided attention were bigger than those by alcohol alone.
Conclusion In conclusion, the present study generally confirms that heavy cannabis users develop tolerance to the impairing effects of THC on neurocognitive task performance. Yet, heavy cannabis users did not develop cross-tolerance to the impairing effects of alcohol, and the presence of the latter even selectively potentiated THC effects on measures of divided attention.
Introduction
Cannabis use is largely concentrated among young people, aged 15–34 years. Population data suggest that, on average, 31% of young Europeans have ever used cannabis, while 12.5% have used the drug in the last year (EMCCDA 2009). In the USA, lifetime prevalence of cannabis use among young adults and last year prevalence are 49% and 21%, respectively (DHHS/SAMHSA 2007). Prospective studies have demonstrated that despite spontaneous cessation of cannabis use in the majority of cannabis users, a
substantial proportion of users develop stable use patterns characterized by continuous use of cannabis (Chen and Kandel 1995; Perkonigg et al. 2008; Perkonigg et al. 1999). It has been estimated that over 1% of all European adults, about 4 million, are using cannabis daily or almost daily.
J. G. Ramaekers (*) : E. L. Theunissen : M. de Brouwer
Department Neuropsychology and Psychopharmacology, Faculty of Psychology and Neuroscience, Maastricht University, Maastricht, The Netherlands
S. W. Toennes : G. Kauert
Department of Forensic Toxicology, Institute of Legal Medicine, Goethe University of Frankfurt,
Frankfurt, Germany
M. R. Moeller
Unikliniken des Saarlandes, Homburg, Germany