Donald Trump ha annuciato che nominerà Tom Marino come nuovo Zar antidroga. La Casa Bianca venerdì scorso ha infatti reso noto che il deputato della Pennsylvania è stato designato a dirigere l’Ufficio della politica nazionale di controllo delle droghe, ovvero sarà il nuovo “drug Czar” americano.
Tom Marino, al terzo mandato al Congresso, è avvocato e precedentemente ha ricoperto anche – nominato da Gerge W. Bush – il ruolo di Attorney federale nel distretto centrale della Pennsylvania. E’ stato uno dei primi deputati repubblicani a sostenere Trump, ed è considerato un ultra conservatore. Contrario ad aborto e matrimoni gay, si è dichiarato a favore della pena di morte. Gia a maggio scorso Marino era stato indicato a capo dell’antidroga USA, ma si era ritirato a causa di problemi legati alla malattia di un familiare. In quel frangente aveva dichiarato:
Ringrazio il Presidente per l’enorme onore di considerarmi per questo ruolo di primo piano nello sforzo dell’affrontare uno dei problemi più urgenti che la nostra nazione e il mio stato oggi devono affrontare: l’epidemia di oppiacei.
Tom Marino e la cannabis
Per quel che riguarda la legalizzazione della cannabis, Marino si è mostrato più volte contrario come deputato, sia per quanto riguarda gli usi teraeputici che ovviamente per quelli ricreativi. Ha votato reiteratamente contro provvedimenti bipartisan che intendevano mettere al riparo le legislazioni dei singoli stati dall’influenza federale. Si è anche espresso in modo contrario a promuovere l’uso della canapa medica per i veterani di guerra statunitensi. Addirittura ha votato contro anche a provvedimenti per la valorizzazione della canapa industriale.
In una dichiarazione rilasciata alla Sun Gazzette nell’autunno scorso Marino ha espresso la sua posizione sulla marijuana e la sua legalizzazione:
L’unico modo in cui sarei d’accordo a prendere in considerazione la legalizzazione della marijuana è a seguito di uno studio medico-scientifico realmente approfondito. Se aiuta la gente, in un modo o nell’altro, poi la si produce in forma di pillola. Ma sono un “states’ rights guy”: penso che sia un problema di competenza dei singoli Stati. Se fosse introdotta in Pennsylvania e non mi piacesse, me ne andrei altrove.
Il suo richiamo all’autonomia statale lascia aperto qualche spiraglio rispetto al suo atteggiamento verso le legislazioni introdotte ormai in 8 stati USA a seguito dei referendum, anche se l’accoppiata con Jeff Sessions non fa certo sperare in un futuro solo rose e fiori per la cannabis legale negli USA.
L’ospedale/prigione di Marino
Va detto che oggi, con l’epidemia di oppiacei che continua a far morti negli USA, le priorità sono ben altre, anche per i proibizionisti. Ma anche da questo punto di vista non va sottovalutata la nomina di Trump. Marino in una audizione al Congresso USA nel maggio 2016 ha delineato la sua idea di come intervenire rispetto ai crimini legati al possesso di droga:
Una volta che la persona ha accettato di dichiararsi colpevole di possesso, verrà inserito in un programma intensivo di trattamento fino a che gli esperti non decidano di rilasciarlo, sotto una supervisione intensa”. “Se questo percorso va a buon fine, allora le accuse contro quella persona vengono scartate. Le accuse vengono presentate solo per dare un incentivo a questa persona per entrare nell’ospedale/prigione, se lo volete chiamare così.
Queste parole sono ritornate all’attenzione pubblica nella scorsa primavera, quando il nome di Marino è venuto fuori per la prima volta. Si sono levate ovviamente contestazioni al “metodo Marino”, che in ipotesi può essere applicato a chiunque venga trovato in possesso di sostanze illecite, sia rispetto alla sua legalità che alla sua efficacia. Ad esempio Roseanne Scotti, direttore della Drug Policy Alliance in New Jersey aveva dichiarato:
Non sono sicura che sia costituzionale. Nessun medico potrebbe pensare che questa sia una buona idea. Nessun esperto di trattamento delle dipendenze potrebbe pensare che sia una buona idea. Forzare il trattamento è raramente, forse mai, efficace. Ad esempio, i consumatori di eroina che ritornano in strada dopo un trattamento imposto dal tribunale spesso muoiono di overdose subito dopo il rilascio perché hanno ridotto la loro tolleranza per la droga, ma non ricevono il sostegno necessario dopo per rimanere “puliti”. Non li mettiamo solo sulla strada per il fallimento, li mandiamo a morire.