ROMA – Tremila carcerati che vivono in prigioni senza armi né guardie penitenziarie, con tasso di recidiva che scende dall’85 al 10% e costi di carcerazioni abbattuti di due terzi. Non è il frutto di una fantasia, ma i dati che arrivano direttamente dal Brasile dove l’Apac (Associazioni di protezione e assistenza ai condannati) ha messo in campo un’iniziativa volta a diminuire i costi di detenzione e a migliorare la vita di coloro che si trovano in cella. Un sistema carcerario innovativo che coinvolge i detenuti e li prepara al reinserimento nella società.
Di questo metodo e della sua possibile applicazione in Italia, dove il problema carceri rimane tuttora irrisolto, Eurosocial, Avsi e la Cooperativa Giotto promuovono un incontro in Senato il 29 novembre con i rappresentanti delle istituzioni e i fautori della “metodologia Apac”. L’obiettivo è quello di mettere a punto dispositivi per una detenzione efficace anche in Italia, da inserire nel nuovo “piano carceri”, messo a punto dal ministro Cancellieri ma rimasto in un cassetto per le polemiche sul caso Ligresti.
In Italia le condizioni nelle carceri diventano sempre più critiche. Un sistema obsoleto e il problema del sovraffollamento rendono la vita al loro interno invivibile: nel 2011 più di mille detenuti hanno tentato il suicidio, di questi 63 sono morti. Secondo i dati Istat nei penitenziari italiani si sono verificati più di 5.500 atti di autolesionismo e quasi 6.700 scioperi della fame.
Il concetto alla base dell’esperimento brasiliano è ridare dignità al carcerato e fare in modo che il senso di responsabilità e il rispetto influiscano nel suo percorso di reinserimento sociale. Per questo negli istituti penitenziari senza secondini i detenuti, al loro ingresso, sono chiamati “recuperandi” e ad alcuni di loro vengono consegnate le chiavi della cella. Anche le celle del progetto Apac sono sovraffollate, la differenza sostanziale è che lì i detenuti ci passano solo otto ore al giorno, poiché il resto della giornata si divide tra attività formative e di studio.
Ma non si tratta di una vacanza. Quando il detenuto entra nel progetto Apac deve sottoscrivere una serie di regole da rispettare. E giorno dopo giorno deve conquistarsi la sua libertà.