Nei pressi delle cascate di Yosemite, sulle boscose montagne della Sierra Nevada, nella Tahoe National Forest oppure fra i cactus dell’Organ Pipe National Monument e sugli impervi sentieri di Wenatchee: sono i parchi nazionali del West i luoghi dove i trafficanti di droga messicani costruiscono di nascosto fattorie illegali per coltivare milioni di piante di marijuana, destinata a essere venduta a tonnellate nelle metropoli degli Stati Uniti.
A svelare le dimensioni di un traffico annuale di un valore stimato in miliardi di dollari sono i rapporti della polizia della California – lo Stato più colpito – e dell’Fbi, che descrivono un fenomeno in crescita dal 2004. I signori della droga hanno iniziato a piccoli passi, mandando propri esploratori nei maggiori parchi nazionali per identificare nelle aree più remote, non frequentate dai turisti e non pattugliate dai rangers, zone adatte a ospitare la marijuana. Una volta trovato il sito, le gang reclutano in Messico dei coltivatori esperti, li fanno entrare illegalmente e affidano loro singoli appezzamenti di terreno dove vengono piantate in media 75 mila piante.
Una volta avviata la coltivazione queste aree vengono recintate con filo spinato, a volte protette da esplosivi e sorvegliate da guardie armate di kalashnikov. Ma tutto ciò sfugge quasi sempre alla sorveglianza dei parchi perché si tratta di luoghi immersi nella vegetazione che si possono trovare solo perlustrando il terreno con decine di agenti, metro per metro. In California, Arizona, Missouri e Wisconsin come nello Stato di Washington polizie locali e agenti federali nel 2008 hanno identificato circa 20 mila appezzamenti di terreno sui quali si trovavano «fattorie» per un totale di 7,6 milioni di piantine di marijuana ma gli stessi inquirenti ammettono che spesso trafficanti, operai e guardie sono riusciti a a fuggire, andando probabilmente a nascondersi in altre analoghe «fattorie» disseminate altrove nei numerosi parchi nazionali amati dagli americani come una sorta di paradiso terreno.
Un sistema analogo per sfuggire ai controlli è stato escogitato dai trafficanti messicani in Texas, dove i campi di marijuana vengono creati agli estremi margini dei terreni di ranch che si estendono per decine di km, all’insaputa degli stessi proprietari. «Ci troviamo di fronte a una strategia basata sulla creazione di mostruosi giardini – ha spiegato al “Los Angeles Times” Brent Wood, coordinatore del Dipartimento anti-narcotici della California – che vengono gestiti dalle gang messicane al fine di moltiplicare l’offerta di marijuana sul mercato americano diminuendo di molto i rischi di trasferimento della merce».
Per avere un’idea della struttura organizzativa che sorregge le «fattorie» basti pensare che «giardinieri» e guardie vengono ospitati in luoghi separati, ricevono rifornimenti di acqua e cibo con consegne notturne in posti che cambiano costantemente, e la marijuana viene lavorata in appositi casolari lontani dagli appezzamenti coltivati. «Hanno una straordinaria capacità di adattamento al territorio e alle nostre contromisure – aggiunge Wood – a cominciare dal fatto che le loro guardie stanno sempre in aree boscose e per poter sparare ai nostri uomini prima ancora di essere visti». Rick Ko, investigatore antidroga di Fresno, in California, ammette: «Conoscono il territorio meglio di noi» e per combatterli aerei e droni non servono perché dall’alto «non si vede niente».